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Cronaca

Sms, telefonate, depistaggi: ecco perché Gratien rischia 27 anni di carcere. Le reazioni - FOTO

Ventisette anni di reclusione. Oltre un quarto di secolo dietro le sbarre. Questa la pena chiesta dal pm Marco Dioni al termine della sua intensa e lunghissima requisitoria nel processo che vede imputato Padre Gratien Alabi, accusato di omicidio...

Ventisette anni di reclusione. Oltre un quarto di secolo dietro le sbarre. Questa la pena chiesta dal pm Marco Dioni al termine della sua intensa e lunghissima requisitoria nel processo che vede imputato Padre Gratien Alabi, accusato di omicidio volontario e soppressione di cadavere in seguito alla scomparsa di Guerrina Piscaglia. Il religioso ha seguito per oltre sei ore, parola per parola l'intera arringa pronunciata dal pm nell'aula Paolo Graverini del Tribunale di Arezzo. Senza battere ciglio, fino alle richieste finali. Granitico, Alabi non si è mai scomposto. Nemmeno al termine. Quando, tolta l'udienza e uscita la corte, le telecamere lo hanno circondato. Cosa pensava? Come si sentiva? Non una parola sulle sue emozioni: "Avete sentito una campana, adesso dovrete sentire un'altra" ha chiosato glaciale. E ancora: "Vorrei solo dire che io non ho calunniato nessuno. Ho detto solo la verità".

Il pm Dioni, protagonista di una giornata intensisima, subito dopo l'udienza si dilegua. Il tempo di riprendere fiato e tirare un sospiro dopo l'immane lavoro. Faticoso come scalare una montagna. "Ma io adesso mi sento in cima a questa montagna" ha detto proprio all'inizio della requisitoria.

E poi via a sei ore di spiegazioni e parole attraverso le quali sono stati ricostruiti tutti gli elementi che sono poi diventati punti fermi del castello accusatorio. L'ACCUSA pm dioniGratien era accusato di "omicidio aggravato per sussistenza di futili motivi". Un'aggravante, quella dei futili motivi, sulla quale il pm stesso ha fatto marcia indietro. "Ho contestato i futili motivi, ma lo status di sacerdote metteva l’imputato in uno stato di quantomeno timore". Timore di cosa? Dei risvolti che poteva avere quel sentimento provato da Guerrina che ormai appariva morboso. E per il quale, secondo la pubblica accusa, ha perso la vita. "Guerrina non voleva andare via. Guerrina voleva tornare da suo figlio. Non si è uccisa", così Dioni motiva la sua richiesta. I DEPISTAGGI La pubblica accusa si sofferma sul ritardo con il quale sono partite le indagini. Un ritrardo che non attribusce ai carabinieri, ma all'imputato stesso. E' lui a dire al maresciallo di Badia Tedalda che Guerrina era stanca e che si era allontanata con un uomo. Il caso ha poi voluto che una giovane raccontasse di aver visto Guerrina a Novafeltria il giorno successivo alla sparizione. E così l'ipotesi di una fuga è divenuta preponderante. E le indagini hanno avuto una battuta d'arresto. IL "PASTICCIACCIO" DEGLI SMS Solo il 19 luglio, in seguito ad una richiesta dei familiari inoltrata alla Procura con una lettera, arriva il decreto di acquisizione dei tabilati telefonici e le indagini ripendono. "L'esito dei tabulati era sconcertante" dice Dioni. angeletti e dioni"Guerrina - spiega Dioni - ha usato solo una sim e su un solo telefono nei due anni presi in considerazione. Chiama 4 utenze fisse e 11 utenze mobili: tutti parenti più l'imputato. Utilizzava il cellulare in modo parco". Ma due dati balzano subito agli occhi degli inquirenti: il umero esorbitante dei contatti (2091 nel 2013 e 4027 nel 2014) in senso bidirezionale con Padre Graziano. A colpire sono soprattutto gli sms inviati la notte ai quali Gratien risponde, sempre durante la notte. Così accadde nelle notti del 24, del 29 e del 30 aprile. E poi i contatti telefonici di quel 1 maggio: fin dalle 6,47 del mattino. Una scia che prosegue fino alle 13,46. Dopo il nulla. Guerrina viene inghiottita dalla Marecchiese. Ma Gratien quel giorno non avrebbe chiamato solo Guerrina. Chiamò anche i parenti di un defunto, annunciando fin dal mattino il ritardo al funerale. Sapeva già che avrebbe incontrato Guerrina? Secondo l'accusa sì. I due si sono visti, c'è stato un diverbio, qualcosa non è andato come doveva. A quel punto secondo il pm Gratien l'ha uccisa poi si è disfatto del cadavere (operazione questa che farebbe pensare ad una continuazione del reato e quindi essere considerata una aggravante). Non solo. Dopo quel 1 maggio il telefonino della donna scompare. Ma partono comunque squilli e messaggi. In particolare un sma, scritto in un italiano stentato, partito dal telefonino della 50enne e destinato ad una donna di Ca’ Raffaello, arrivato dritto dritto sull’utenza di un religioso che sono padre Graziano conosceva. E ancora la presenza, nei giorni successivi alla sparizione, del cellulare di Gratien e di quello – mai ritrovato – di Guerrina in aree che agganciavano le stesse celle. LA RICHIESTA DEL PM udienza-gratien (11)Messi in fila gli indizzi, raccontata l'intera ricostruzione della drammatica vicenda in un memoriale da 150 pagine, Dioni ha tirato le somme. "Andando a concludere, io chiedo che l'imputato venga condannato alla pena finale di 27 anni di reclusione, con una pena base di 24 anni - che è il massimo della pena per l'omicidio volontario - poi aumentato a 27 in considerazione del vincolo della continuazione". LA REAZIONE DELLA DIFESA Granitico padre Gratien nell'udire la richiesta. "Alla luce della tipicità del reato, del procedimento basato tutto su indizi se non su congetture - ha dichiarato il legale del religioso, Riziero Angeletti - ci si aspettava una richiesta così come è stata fatta. I depistaggi? Nella ricostruzione del pm erano presenti fin dall'inizio, perché allora fino ad oggi nei vari provvedimenti presi non ne è stato tenuto conto? Questo la requisitoria non lo ha spiegato".
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