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Morì dopo aggressione alla Fratta, una psichiatra e due responsabili Asl rinviati a giudizio

Si è conclusa con tre rinvii a giudizio e tre proscioglimenti la lunghissima udienza preliminare per la morte di Sergio Botti, l'anziano deceduto in seguito alle percosse ricevute in ospedale da un paziente psichiatrico che durante una crisi...

Si è conclusa con tre rinvii a giudizio e tre proscioglimenti la lunghissima udienza preliminare per la morte di Sergio Botti, l'anziano deceduto in seguito alle percosse ricevute in ospedale da un paziente psichiatrico che durante una crisi sfuggì al controllo dei sanitari e si accanì sull'anziano. Una tragedia che, secondo quanto sostenuto dalla Procura di Arezzo, si sarebbe potuta evitare non sottovalutando il caso. Un dramma nel dramma, con il suicidio, l'anno successivo, dell'aggressore appena 36enne.

Oggi di fronte al giudice per le udienze preliminari Marco Cecchi si è conclusa l'udienza che in precedenza aveva visto ben sei rinvii. Tre imputati, ovvero il responsabile dello stabilimento della Fratta, il direttore del dipartimento di salute mentale e la responsabile della zona distretto, sono stati prosciolti.

A giudizio invece andranno la psichiatra che aveva in carico l'aggressore - accusata di concorso colposo in omicidio doloso del paziente psichiatrico - , la responsabile del presidio ospedaliero PO3 (che comprende Valdichiana, Casentino e Valtiberina) e al medico responsabile dell'Unità funzionale. A questi ultimi è stato contestato di aver consentito il ricovero del paziente in una struttura secondo ritenuta dalla Procura inadeguata e carente anche in termini di sicurezza e di non aver correttamento condiviso protocolli e pratiche per la gestione del paziente e della situazione che si è creata.

La tesi dell'accusa, sostenuta questa mattina in aula dalla pm Chiara Pistolesi ma incardinata fin dall'inizio del procedimento dalla pm Julia Maggiore, è quella che il 35enne - con una complessa storia clinica alle spalle - nonostante si trovasse in ospedale per un trattamento volontario, dovesse essere ricoverato ad Arezzo, presso l'ospedale San Donato dove si trova un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura strutturato.

Alla Fratta, il 35enne fu accolto in quella che viene definita "struttura tenda", una sistemazione cioè prevista dai regolamenti regionali e allestita al momento per curare, senza discriminare, i pazienti di tipo psichiatrico. Ma l'uomo nel cuore della notte tra l'8 e il 9 luglio 2014 ebbe una grave crisi. Colse di sorpresa due infermieri che lo stavano accudendo, si divincolò dalla loro stretta e raggiunse l'adiacente reparto di medicina generale. Qui si scagliò contro Botti - 84enne in condizioni di salute critiche - lo percosse ed esercitò una forte pressione sul suo petto. L'anziano morì dopo 16 giorni di agonia.

Il procedimento giudiziario a carico del personale sanitario si celebra proprio nel 40esimo anniversario della legge Basaglia. Ed è un caso destinato a far parlare per il modo in cui verranno valutate le azioni degli imputati nei confronti del 35enne paziente psichiatrico, in relazione anche a quanto stabilito da regolamenti e normative applicate in seguito all'entrata in vigore di tale legge.

La prossima udienza è in calendario il 4 ottobre prossimo. La psichiatra è difesa dai legali del foro di Perugia Pernazza e Braca, fgli altri due sanitari sono difesi dai legali Fanfani, Viciconte e Perugini.

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