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Cronaca Monte San Savino / Via della Costituzione

"Quell'uomo è morto e ho il cuore spezzato. Ho avuto paura di morire, non volevo salvare le bici"

Il racconto della notte della tragedia dell'imprenditore 57enne al Corriere della Sera

La sveglia di soprassalto, i rumori di sotto. Il vetro dell'officina che si infrange. Fredy Pacini ha il sonno leggero e scatta in piedi, impugna la pistola. Ha dormito in azienda, come sempre, in un soppalco ricavato nel capannone. La tana in cui si è ritrovato a vivere per paura: c'è il letto, c'è la doccia.

Poi l'incontro con l'intruso, gli spari, il ferimento mortale del 29enne che voleva rubargli le biciclette. E la chiamata alle forze dell'ordine. Ai carabinieri racconta:

 Quando mi sono alzato dal letto, svegliato dal rumore della vetrata infranta - dice - ho capito che ci stavano provando ancora una volta e ho preso la pistola. Allora mi sono affacciato alle scale e l’ho visto. Lui era già entrato nel magazzino, aveva il piccone in mano, lo brandiva come un’arma, aveva il volto coperto da un passamontagna. Il suo complice stava scavalcando la finestra, ma poi si è fermato.

L'indagine, il confronto con il magistrato, l'angoscia. La vicinanza dei familiari, della moglie Luciana e delle figlie Ilena e Marika, e dei tanti amici. Quando torna in azienda trova striscioni e applausi. Lo chiama il ministro degli Interni Salvini, ma lui non se la sente di rispondere. Il racconto della giornata più lunga di Fredy Pacini, la dettaglia il Corriere della Sera. Ecco le dichiarazioni dell'imprenditore 57enne di Monte San Savino raccolte da Marco Gasperetti:

Quell’uomo è morto e ho il cuore spezzato - dice - ma sono tranquillo con la mia coscienza. Ho avuto paura d’essere ammazzato e non avrei mai sparato per salvare le mie biciclette.

Ed ecco come Fedy racconta, commuovendosi, di aver vissuto gli attimi più neri della sua vita:

Ho puntato l’arma verso il malvivente con il piccone — continua —, ma ho avuto la sensazione che quell’uomo volesse raggiungermi. Era spavaldo, pericoloso. Allora ho mirato alle gambe e ho sparato dall’alto verso il basso e quando ho visto il ladro fuggire dalla finestra credevo di non averlo colpito. Invece... Quando, dopo aver avvertito i carabinieri, sono uscito per vedere se i ladri fossero davvero fuggiti — continua — ho visto quel corpo riverso a terra. Ho chiamato ancora il 112: “Mandate subito un’ambulanza, uno dei banditi è ferito”.

E infine le angoscie vissute, la perdita di fiducia nella giustizia, la scarsa utilità dei sistemi antifurto e la decisione di andare a vivere nel capannone di proprietà. Extrema ratio, dopo i tanti furti subiti.

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