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Cronaca

Caso Martina Rossi, affondo della procura: chiesti 7 anni di pena per Vanneschi e Albertoni

Tre anni di reclusione per il reato di morte in conseguenza di altro reato e quattro per tentativo di violenza sessuale di gruppo. In totale sette  anni di reclusione.

Tre anni di reclusione per il reato di morte in conseguenza di altro reato e quattro per tentativo di violenza sessuale di gruppo. In totale sette  anni di reclusione.

Sono queste le richieste di condanna avanzate dal procuratore Roberto Rossi per i due aretini Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni,  a giudizio in seguito alla morte della studentessa ligure, Martina Rossi. Una lunga requisitoria prounciata in un'aula gremita di giovani. 

I nodi fondamentali che ha affrontato la pubblica accusa durante il procediemento sono stati ripercorsi questa mattina di fronte al collegio presieduto dal giudice Angela Avila. Secondo l'accusa, infatti, Martina - giovane serena che si era lasciata alle spalle un periodo complicato, a causa di una relazione amorosa bruscamente conclusa - quella sera si diresse nella stanza dei due giovani aretini per non disturbare le amiche che avevano appuntamento con due ragazzi. Ma qualcosa sarebbe andato per il verso sbagliato: nei confronti della ragazza ci sarebbe stato un tentativo di violenza sessuale. E lei, impaurita si sarebbe diretta verso il balcone nella speranza di trovare una via di fuga.  

Un lungo excursus è stato dedicato alle perizie psichiatriche e alle parole di alcuni consulenti: "Intollerabili e inammissibili le parole di un consulente che ha costruito la sua perizia sui verbali - ha affermato Rossi - Non credibile quando parla di inseguimento da parte di Martina di Albertoni, che le avrebbe ricordato l'ex fidanzato".

LA RICOSTRUZIONE

Ma cosa successe quella sera? La ricostruzione della procura si basa sulle testimonianze riportate in aula.  Tutto iniziò nella camera delle ragazze. C'erano Albertoni, Martina le amiche della ragazza e altri due giovani di Castiglion Fibocchi. A un certo punto rimasero in cinque in camera, Albertoni si allontanò, le due coppie iniziarono a flirtare e si spensero le luci. Martina decise di uscire.

"Cosa fece a questo punto Martina?  - dice il pm - Andò nell'unico posto dove poteva andare: dagli unici altri italiani che aveva conosciuto in quella vacanza, che erano nello stesso albergo". 

Poi all'alba Albertoni irruppe sconvolto nella stanza della ragazza dicendo "Martina è impazzita". Le ragazze hanno raccontato agli inquirenti alcuni dettagli: "Aveva segni rossi sul collo, gli occhi lucidi, l'affanno". Poi, nel tempo di uscire dalla camera e andare alla reception e scoprirono che Martina era caduta, come riferito loro Vanneschi. 

Cosa era successo nel frattempo? Albertoni ha raccontato di aver prima dormito. Poi Martina lo avrebbe aggredito dicendo frasi sconnesse, ovvero  "io sono l'infinito, mi vuoi uccidere". Albertoni raccontò di aver cercato di tranquillizzarla, poi di essere andato a chiamare le amiche. Nel frattempo la ragazza avrebbe "preso la rincorsa e si è buttata di sotto". 

Cosa non torna in questa ricostruzione? Rossi mette in fila numerosi tasselli. La finestra era aperta: bloccata dal filo della tenda, non chiusa.

"Martina poi cade a candela: non c'è stato nessuno slancio, non si è gettata"

Poi Rossi sottolineai movimenti di Albertoni, riproponendo le parole di un testimone che era nella stanza contigua e che ha affermato: "Sento dalla stanza accanto una persona che corre per il corridoio e che corre per le scale".  Il testimone però sarebbe stato svegliato da un urlo di donna e solo dopo, ha raccontato, avrebbe sentito i passi di Albertoni sulle scale. 

"Quindi - ha sostenuto il procuratore - Albertoni secondo l'accusa conosceva giò la drammatica fine che aveva fatto Martina, ma doveva giustificare i graffi che aveva nel collo. Vanneschi scese in seguito con l'ascensore, con calma, per permettere all'amico di raccontare la sua storia. Ma i graffi e i pantaloncini sfilati sono i segni di una aggressione. Cosa è successo davvero? Forse il salire in camera di Martina viene male interpretato, viene considerato come un segno di disponibilità. Ma la ragazza in realtà non  aveva intenzioni particolari. E così, di fronte a un maldestro approccio,  tenta di scappare scavalcando un balcone. Lo fa senza occhiali, ci vede malissimo. Cerca di scavalcare e cade". 

Sulla teste che l'ha vista cadere, Rossi ha sostenuto: "Una testimonianza irreilevante per noi, perché lei vede poco e male: il terrazzo di quella finestra aveva i teli sulla parte trasparente. Lei la vede nella frazione di un secondo che alza una gamba e poi la vede cadere a candela. 

"In questo processo non ci sono prove, ma gli indizzi vanno visti nel loro insieme. 

Seguiranno le richieste dei legali di parte civile (gli avvocati Fanfani e Savi) che rappresentano i genitori di Martina, Bruno e Franca Rossi. 

La versione della difesa, invece, sarà esposta il prossimo 10 dicembre, quando sono previste le arringhe degli avvocati Tiberio Baroni (per Albertoni) e Stefano Buricchi (per Vanneschi). 

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