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Psicodialogando

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A cura di Barbara Fabbroni

BLOG | La sindrome del molestatore assillante: lo stalker

Una forma particolare di molestia che negli ultimi anni ha destato l’interesse della psichiatria, della psicologia e della medicina forense

La notte è diventata uno spazio in cui i pensieri vanno inarrestabili tanto che non riesco più a dormire. Quel mostro feroce m’accarezza la spalla. Me lo sento dentro fino alle ossa. Mi soffoca succhiandomi avidamente l’aria e la vita. Quella vita che non riesco più a vivere. Quella vita che scorre in una notte piena di lacrime fino al mattino.

Il mattino.

Ogni mattino, l’angoscia mi invade tanto che mi congelo nel letto. Le mie gambe si irrigidiscono. Non ho la forza per alzarmi. Apro la finestra e la luce invade la stanza ma per me tutto è avvolto dal buio. Questo nuovo giorno. Un giorno come tanti. Per me è una nuova giornata d’angoscia e di terrore, come, ormai da mesi, è ogni notte. Affrontare il tempo che corre significa incontrare quella paura soffocante che si attiva al solo pensiero che anche questo giorno non può finire senza che una nuova minaccia violentemente mi giunga. Ho il terrore costante che possa accadere qualcosa di più. Mi tormenta l’anima il pensare che oltre alle lettere ed alle telefonate anonime, lui, il mio persecutore, possa fare qualcosa di più pesante. Questa pena, costante e svuotante, mi avvolge. Mi fa sprofondare in quel turbine di pensieri in cui non trovo sollievo e rassicurazione.

C’è solo il buio ed il freddo di quella terra senza confini dove ti senti persa. Dove il nulla regna sovrano e muove i fili della tua esistenza. Quest’esperienza allucinante mi toglie la speranza, flebile ma pur sempre viva, di poter riprendere la mia vita come prima. Ogni cosa è totalmente invasa dalla sua presenza. Dal suo violare il mio spazio. La mia vita. Lui. Il mio persecutore. È violentante. Eppure, mi diceva: - Io ti amo. Non posso pensare ad una vita senza di te. Tu sei l’unica donna che vorrei per sempre al mio fianco.

Ed io, per anni, ho creduto a quelle parole. Parole, solo parole, costruite in quell’alcova tra bugie e disonestà. Ed oggi quella tacita violenza subita è una ferita sempre aperta. È sgorgante di dolore e rabbia. È lacrimante di speranze violate e violentate. È quella soffocante verità che si è aperta, così, travolgendomi. È quella fenditura sanguinante che sgorga lentamente, incessantemente, senza tregua nella mia anima. Le sue parole continuano a risuonare nella mia mente. La sua incessante, costante e ritmata parola che racconta del suo amore per me. Ma quale amore? Amore malato? Amore mancante? Amore dipendente? Amore angosciante? Così non è vita. Sono prigioniera del delirio di gelosia di un Altro. 

Parole, parole, continue parole. Minacce così violente che mi travolgono e mi tolgono ogni stimolo. Lettere su cui sono riportate frasi senza senso. Senza significato. Senza un perché. Ma pur sempre sono frasi di aggressività e di violenza. Ogni mio istante di vita è assorbito dal terrore. Io ho paura. Mi sento sminuzzata come un carciofo in un tritaverdure. Non vedo soluzione. Tutto è un ghiacciaio di vuoto e paura intorno a me. Oggi c’è il sole. Sta arrivando la primavera. Ma io sono chiusa in casa per paura di incontrarlo. Il rischio è quello di perdere anche il lavoro. Per paura che possa fare un gesto inconsulto. Per l’angoscia che non si fermi. Me l’ha promesso gridandomi e scrivendomi che senza di lui la mia vita è finita.

Sono giorni, mesi, ore interminabili queste che trascorro qui, in questa casa dai mille ricordi. Questo spazio affollato di emozioni. Queste stanze invase dal rumore assordante dei miei pensieri, delle mie angosce, dei miei turbamenti. Questi luoghi assorbiti dalla sua presenza, che ruota incessante nei miei ricordi, aumentano il mio profondo disagio.

Ma la vita corre. La vita va. Va comunque.

Ed io sono sola. Ancora una volta sola.

Sono qui in cerca di una protezione che non è possibile trovare. Mi sento completamente abbandonata dal mondo. Tutti guardano al mio racconto come il delirio di una donna che cerca di trovare una scusa al suo nuovo fallimento. Eppure, lui è lì, è amato e creduto da tutti. Lui è ciò da cui vorrei per sempre slegarmi per tornare a vivere. A sorridere. Ad esistere……

Significativa è questa drammatica testimonianza. È una giovane donna che ha avuto, dopo il fallimento del suo matrimonio, una storia, con un uomo molto più grande di lei. Giunge in terapia estremamente preoccupata per alcuni fatti accaduti dopo la fine di questa seconda relazione ed è in evidente stato di stress. Il suo ultimo partner, da cui si è separata circa tre mesi fa, nell’ultimo mese le ha lasciato un considerevole numero di messaggi sulla segreteria telefonica, chiedendole di incontrarlo per parlare della loro situazione. L’uomo ha coinvolto anche i familiari della donna contattandoli di continuo per esternare a loro tutto il suo amore, dichiarando il suo desiderio di tornare con lei per farla felice.

All’inizio è titubante tanto che cerca di non rispondere alle sue chiamate, non volendo avere più nulla a che fare con lui. I primi messaggi erano abbastanza amichevoli, ma via via sono diventati sempre più aggressivi ed impazienti.

L’uomo insisteva a dire che erano ancora una coppia e i messaggi avevano talvolta un tono così minaccioso da spaventarla. Negli ultimi tempi ha poi iniziato a piantonare la sua casa e le ha lasciato sulla macchina messaggi sempre più espliciti, talvolta, con immagini di tipo sessuale e con riferimenti a comportamenti che avrebbe voluto porre in atto con lei. Allarmata si è trasferita da un’amica per far perdere le sue tracce, ma in soli tre giorni l’ha rintracciata ed ora si aggira intorno alla casa. Alla donna si consiglia di rivolgersi ad uno psicoterapeuta per poter meglio sostenere questo evento che travolge la sua vita affettiva, lavorativa e sociale, ed ecco che lei arriva allo studio in terapia.

Nell’incontro dice che la fine di questa relazione è dovuta alla gelosia morbosa manifestata dal suo ex compagno, alle continue bugie che lui costantemente le raccontava tanto da entrare nel dubbio patologico di capire quale poteva essere la realtà, la verità. Dice: - Per molto tempo ho creduto in lui, pensavo che gli altri ed il mondo erano ingiusti nei suoi confronti, tanto da lasciare amicizie in nome del suo amore e di seguire scelte che lui mi consigliava. Ma un giorno tutto è emerso e la vita con lui è stata una vita vissuta nella menzogna continua. Io non sapevo più chi fossi. Al tempo stesso il dolore di aver condiviso la mia vita con uno sconosciuto mi stava frantumando. Avevo perso totalmente le coordinate della mia esistenza. Lui non capiva, continuava il suo melodramma d’amore eretto su fondamenta di sabbia. Mi sentivo sprofondare in un lago di sabbie mobili. Ho avuto, ed ancora, ho un’infinita paura.

La donna era intrappolata in un tritacarne emotivo che girava, girava tanto da centrifugare le sue emozioni, il suo senso di realtà, la sua logica lineare. Si è ritrovata sola. Tuttavia, pur essendo in un profondo abisso ha trovato il coraggio per mettere fine a questa relazione per salvare la sua vita. È riuscita a chiedere aiuto. Si è affidata al suo sentire lasciando che le parole degli altri non la coinvolgessero più. Sta seguendo la sua strada anche grazie all’appoggio della sua amica che con lei combatte questo difficile momento in cerca solo della verità.

Lo spaccato di narrazione di vita descrive incisivamente un fenomeno che diviene, per chi lo subisce, un vissuto angosciante, pericoloso.

Stiamo parlando della Sindrome del Molestatore Assillante, definita stalking. Una forma particolare di molestia che negli ultimi anni ha destato l’interesse della psichiatria, della psicologia e della medicina forense. Questo termine significa letteralmente inseguire o cacciare (atteggiamento tipico di tutti gli animali predatori) e si riferisce ad un insieme di comportamenti ripetuti ed intrusivi di sorveglianza e controllo, di ricerca di contatto e comunicazione nei confronti di una vittima che risulta infastidita e/o preoccupata da tali attenzioni e comportamenti non graditi. È un disturbo che sovente si manifesta in alcuni soggetti che perdono completamente le coordinate della consapevolezza nel momento in cui vedono sfumare l’oggetto del loro desiderio. Il persecutore istaura con la sua vittima una forte polarizzazione ideo-affettiva, tant’è che spesso si può riscontrare un delirio erotomane. Questo atteggiamento si struttura sul fraintendimento del comportamento iniziale della vittima che viene scambiato per assenso.

La grande maggioranza di episodi simili sono attribuibili a soggetti di sesso maschile che hanno interrotto o che vogliono interrompere la relazione con la compagna e che sono mossi da molteplici intenti, fra cui il tentativo di ristabilire il rapporto, la gelosia, la vendetta per torti subiti percepiti, la dipendenza ed il desiderio di continuare ad esercitare un controllo sulla vittima. Questo comportamento rientra all’interno di quelle patologie della relazione che mettono in evidenza:

Alterata lettura dei comportamenti e della comunicazione nella relazione, che porta al tentativo di mantenere il controllo sul partner relazionale.

Tentativi cronici di ribaltare scenari infantili.

Paradosso: a fronte di una liberalizzazione dei costumi sessuali, oggi la sofferenza legata al tradimento o alla delusione affettiva è maggiore di un tempo e spinge a reazioni estreme per fronteggiare l’angoscia.

Naturalmente è molto comune che le vittime di questi comportamenti siano di sesso femminile mentre colui che agisce lo Stalking sia un soggetto maschile. Sebbene l’impatto di questo fenomeno sia minimizzato dalla società, le azioni degli Stalkers possono essere estremamente pericolose per le loro vittime. Queste ultime, infatti, vivono spesso nel terrore e nella paura, tant’è che possono sviluppare anche gravi patologie psichiatriche. La persona vittimizzata dal suo Stalker entra all’interno di una spirale che la frantuma lasciandola in balia di un totale naufragio.

Lo stalker si presenta come un dinosauro dell’Amore che insegue ed è inseguito dal ricordo della persona che lo ha lasciato o che è stata costretta a lasciarlo. Per lui dimenticare diviene quasi impossibile ed i nuovi rapporti risultano insoddisfacenti. Ne emerge un rapporto idealizzato in cui vi è l’illusione di riuscire a ristabilire una forte fusione e unità con l’Altro.

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