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Partigiani e referendum: un pasticcio senza senso

Il lancio della campagna elettorale sul referendum autunnale che chiederà agli italiani se ritengono giusto concentrare il potere in poche mani per garantire una governabilità ritenuta da molti difficoltosa con l'attuale architettura delle...

Il lancio della campagna elettorale sul referendum autunnale che chiederà agli italiani se ritengono giusto concentrare il potere in poche mani per garantire una governabilità ritenuta da molti difficoltosa con l'attuale architettura delle istituzioni statali, è avvenuto con straordinario anticipo. Si è posto sulle spalle della consultazione un peso esagerato e forse ben superiore ai reali interessi dei cittadini, che arriveranno esangui al voto. Renzi chiede una legittimazione che non ha ancora del tutto conquistato.

O la va o la spacca, quindi. O riforma approvata con Renzi trionfatore e dotato di poteri forti, oppure nuove elezioni e nuovo governo, stavolta espressione del voto dei cittadini.

Ma il voto è ancora lontano e ci sarà tempo per comprendere bene i contenuti della riforma sottoposta a referendum. Per il momento si registrano schermaglie di bassa levatura tra i costituendi comitati per il SI o il NO. Addirittura siamo giunti ad arruolare defunti testimonial dal passato più o meno specchiato. L'ultima e più sconcertante di queste schermaglie chiama addirittura in causa i partigiani, tirati per la giacchetta di qua e di là. In proposito qualcuno ha anche disquisito dividendoli tra veri e (inevitabilmente) fasulli. L'intervento aretino meno scontato e più lucido sulla questione mi pare quello affidato a Facebook (dove a saper leggere non ci sono solo quisquilie) da Enzo Gradassi, studioso della nostra storia recente, autore di saggi importanti e da ultimo della riscoperta delle gesta rilevanti di un aretino la cui memoria era affidata soltanto ad una lapide all'interno del Liceo Classico cittadino, il "Capitano Magro" Mario Magri.

Scrive Gradassi:

A proposito del prossimo referendum

Trovo assai sgradevole l’insistenza – da una parte e dall’altra – con la quale si ostentano posizioni personali di ex partigiani, per il si o per il no al referendum costituzionale.

Mi sembra perfino fuori luogo rammentare che il dibattito nell’Assemblea Costituente aveva un compito di sintesi unitaria fra le diverse componenti democratiche che, dopo la lotta partigiana (scelgo non a caso questa definizione al posto di quella di “lotta di liberazione nazionale”) si avviavano a scrivere la Carta Costituzionale.

Vedo adesso squallidi tentativi per tirare da una parte o dall’altra un movimento attraverso le parole di pochi sopravvissuti chiamati a rappresentare la complessità della resistenza al fascismo ed al nazismo.

Partigiani veri, si dice, come ad insinuare il dubbio (che fu della propaganda neofascista) che nel movimento di liberazione coesistessero quelli veri e quelli fasulli.

Come succede spesso nel nostro amabile Paese, gli ignoranti la fanno da padrone.

E allora voglio pedissequamente rammentare a costoro che furono partigiani veri i militari che barrarono la casella “no” sul modulo di richiesta di entrare a far parte dell’esercito di Salò. E lo furono quei seicentomila militari deportati che dissero un altro “no” alla proposta di essere subito rimpatriati aderendo a quell’esercito che continuava la guerra dalla parte dei tedeschi. Erano partigiani i soldati che non si arresero ai tedeschi nelle isole egee e che pagarono la loro scelta con la vita. Erano partigiani le centinaia di militari stranieri evasi dai campi di concentramento tedeschi e fascisti che si aggregarono alle formazioni ribelli italiane nella comune guerra antifascista. Erano partigiani i contadini che ospitavano, nascondevano, proteggevano i renitenti dai bandi di Salò. Erano partigiani quelli che dopo l’8 settembre andarono a costituire le prime sgangherate formazioni partigiane in opposizione all’invasione tedesca e al servilismo neofascista; erano i partigiani i ragazzi delle leve non richiamate che andarono in montagna ad infoltire le bande ribelli. Erano partigiani, per decisione del CLN, i civili massacrati nelle stragi nazifasciste. Erano partigiani, infine, quelli inquadrati nei reparti delle Brigate che si opposero, armi in pugno, ad uno dei più potenti eserciti del mondo, lasciando sul campo migliaia di vite.

È meschino, oggi, chiamarli in causa in qualcosa che, alla fine, non è che una competizione elettorale nella quale nessuna vita è in pericolo e nemmeno una goccia di sangue sarà versato.

C’è chi ritiene che alcuni contenuti della Costituzione rappresentino un ostacolo alla “governabilità” del Paese e chi ritiene che essa debba essere difesa e magari pienamente applicata così com’è.

Poi c’è una parte dello schieramento politico che per un mero calcolo di opportunità, si oppone ad ipotesi dl cambiamento: fra questi ci sono i fascisti di oggi, è vero. E quelli né carne, né pesce (perché non lo hanno mai detto) che aspirano allo smantellamento dell’esistente senza dire cosa abbiano come alternativa. E ci sono anche quelli che hanno realmente a cuore le sorti della democrazia, i compiti dei diversi ruoli istituzionali ed i relativi contrappesi democratici.

Possono essere confusi fra loro?

Chi mescola il tutto è quantomeno intellettualmente disonesto.

Chi, oggettivamente, si mescola al tutto potrebbe commettere un fatale errore di prospettiva politica.

Certo è che la concentrazione del potere in un solo istituto rappresentativo non è la panacea di tutti i mali di questo Paese.

Il referendum confermativo della riforma costituzionale avrebbe bisogno della maturità popolare che in altre situazioni ed in altri tempi si è, inaspettatamente, manifestata.

Oggi sono altre situazioni ed altri tempi.

La volontà popolare ne uscirà vincente: il mio timore sta nel fatto che il popolo, chiamato a decidere, scelga un’altra volta Barabba.
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