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A cura di Enrico Meacci

Che fine faranno i concessionari?

Il passato e il presente non sono dei migliori, ma c'è anche da pensare al domani, a come ripartire dopo il Coronavirus

Il momento che stiamo vivendo a causa del Coronavirus è drammatico dal punto di vista umano e sanitario. Tuttavia dobbiamo cominciare a pensare al dopo, a quello che accadrà quando dovremo per forza di cose ricominciare a produrre, a consumare, in una parola a vivere, tornando ad una condizione di normalità.

Siamo tutti impauriti da quello che sarà il nostro futuro. Nostro e dei nostri figli, delle nostre famiglie, di coloro ai quali vogliamo bene. Cosa farà l’Europa? Ci sosterrà concretamente con aiuti economici? Oppure si comporterà da matrigna? Difficile oggi prevederlo. Certo è che lo scenario è in continuo mutamento.

In questi giorni ho avuto modo di parlare al telefono con amici e conoscenti che lavorano presso alcune concessionarie di auto di Arezzo. I saloni sono chiusi, come la stragrande maggioranza degli esercizi e delle attività commerciali. Queste persone sono angosciate. Che ne sarà di loro? Si stanno dando da fare manifestando la loro vicinanza ai propri clienti, comunicando che la concessionaria è chiusa allo scopo di contenere il contagio da Coronavirus ma che le officine sono a loro disposizione per ogni esigenza così come pure la rete ufficiale su web e online. Tutti sono pronti a scaldare i motori per ripartire più forti di prima appena sarà passata l’emergenza.

Ma non ci sono solo i concessionari da tenere in conto, nello stesso settore ci sono anche le società di noleggio che già oggi trasferiscono al mercato più di un'auto ogni quattro, oltre al car sharing e formule derivate, che generano una ulteriore pressione competitiva sul business dei concessionari.

Nessuno dovrà essere lasciato indietro…si dice così no, ma per fare questo dobbiamo essere nelle condizioni di poter spendere per poter acquistare o noleggiare un auto. Quindi il sostegno alle imprese ed ai professionisti, artigiani, commercianti, dipendenti, non può essere rimandato. Altrimenti chi comprerà le automobili, le moto, gli scooter, i furgoni, i camion, i camper, i trattori agricoli, …

Dal comparto auto dipendono tutta una serie di prodotti e servizi collegati. Tanto per fare alcuni esempi pensiamo ai distributori di benzina, ai gommisti, ai magazzini ricambi auto, alle officine, passando per gli autolavaggi, le imprese assicurative, i servizi di vendita e le finanziarie, eccetera eccetera. Quello che in gergo tecnico viene definito come l’indotto. Nell'insieme, queste attività sono un pezzo importante della nostra economia. Non si può non tener conto.

Eric Mark Huitema direttore generale della associazione dei costruttori d’auto europei ha dichiarato che "l’industria automobilistica sta attraversando la sua crisi peggiore. Con l’arresto della produzione e la chiusura della rete di vendita sono in gioco 14 milioni di posti di lavoro in Europa". Secondo il DG occorrono "azioni forti per sostenere la liquidità delle case automobilistiche". Ma occorre anche evitare che il cliente potenziale sia disorientato.

Occorrono soluzioni certe e chiare. L’incertezza è da bandire se vogliamo ricominciare a crescere. Diversamente ci ritroveremo con persone/aziende che non possono più poter cambiare l’auto con tutte le conseguenze del caso non ultima quella di creare un parco circolante nel giro di poco tempo tipo quello di Cuba. Vecchio e pericoloso per la circolazione stradale e per l’ambiente.

Per ora possiamo solo sperare che finisca presto e che i medici e gli scienziati vincano la malattia.

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