Per prima cosa va detto che i sindaci italiani sono piuttosto ben messi quanto a gradimento da parte dei propri cittadini. Se infatti chi vanta un 50%, come Alessandro Ghinelli, figura all'ottantesimo posto (su centoquattro) nelle classifiche riguardanti i capoluoghi italiani, allora c'è da essere piuttosto contenti.

Infatti non siamo in un periodo immediatamente successivo a elezioni amministrative, che comprensibilmente vede gradimenti più alti, ma a debita distanza da esse.

Detto questo il segretario provinciale del PD Dindalini ha qualche ragione quando sostiene che Ghinelli non fa nulla per diventare il sindaco di tutti. Il primo cittadino di Arezzo al momento dell'elezione contava su un 50,8% di gradimento, il che dice che sostanzialmente ha mantenuto i suoi consensi senza guadagnarne di nuovi. E' certo difficile essere graditi al campo avverso quando si relegano le attività culturali ai minimi termini e non si fa praticamente nulla di eclatante per attrarre turisti da fuori provincia. Se lo slogan che l'amministrazione ripete ogni giorno è "prima gli aretini" (di chiara matrice leghista), non ci si può aspettare che il centrosinistra possa gradire.

In effetti una volta eletto, il sindaco dovrebbe essere quello di tutti, anche e sopratutto quando a farlo salire sullo scranno più alto della città è stato meno del 25% degli aventi diritto al voto. Ma l'effetto del "ora tocca a noi!" di fanciullesca ispirazione è difficile da debellare.