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A cura di Andrea Avato

Processato, assolto, radiato. La storia kafkiana di Daniele Bracciali

Il tennista aretino, accusato di match fixing per aver combinato una partita nel 2011, è stato giudicato innocente sia dalla giustizia sportiva italiana che da quella penale. Ma ieri l'ufficiale dell’anticorruzione della Tennis Integrity Unit lo ha squalificato a vita. Una vicenda paradossale, con l'ultima parola che spetterà al Tas di Losanna

Daniele Bracciali, accusato di match fixing per aver aggiustato una partita a Barcellona nel 2011, è stato deferito, interrogato, processato e assolto dalla giustizia sportiva italiana. Dopo una sfilza di udienze e un appello bis, si beccò "solo" un anno di sospensione per violazione dei princìpi di probità sportiva. Ma quando ti tirano dentro i tribunali sportivi, si sa che ne esci sempre con qualche ammaccatura.

Bracciali è stato poi interrogato, rinviato a giudizio, processato e assolto dalla giustizia penale. Il tribunale di Cremona ha stabilito che "il fatto non sussiste".

Nonostante questo un novello Torquemada, tal Richard McLaren, ufficiale dell’anticorruzione della Tennis Integrity Unit, ieri lo ha squalificato a vita con effetto immediato e multato di 250mila dollari, in barba a qualsiasi logica e qualsiasi principio di equità, aggiungendo un'altra pagina alla vicenda kafkiana che sta stritolando il tennista aretino da anni.

Un grande in bocca al lupo a Daniele, che adesso andrà davanti al Tas di Losanna: questa battaglia va combattuta fino in fondo, appello dopo appello, ricorso dopo ricorso, anche contro i muri di gomma delle aule di (in)giustizia

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