Nei dintorni di queste righe e a proposito della situazione e dell'immediato futuro di quella che fu Banca Etruria, l'amico Maruffi scrive tra l'altro: "...qui non stiamo disquisendo in un salotto dei massimi sistemi davanti ad un tè con i pasticcini, ma stiamo ipotecando in maniera pesante il futuro di un incolpevole territorio già troppo malconcio."

Con il permesso di Roberto Maruffi, commercialista, scrittore e commentatore attento dei fatti economici aretini (e non solo), faccio notare che è proprio questo territorio, con le proprie "forze" e le proprie teste ad aver messo sul lastrico la propria banca. Incolpevole proprio non lo definirei.

Non riesco a dimenticare il credito concesso con "faciloneria esagerata" a soggetti che, era chiaro a molti, non avrebbero mai potuto restituirlo, in oro o denaro che fosse.

Per quel che ne posso capire, l'impossibilità di sopportare gli effetti della crisi post 2008 deriva dalla precarietà dei bilanci precedenti, basati tra l'altro sulla presunta solvibilità di soggetti inaffidabili e sui valori, già allora al limite, attribuiti agli immobili ipotecati...

Mi pare di poter dire che il territorio ha partecipato alla grande alle disavventure del proprio istituto di credito, credito facile per alcuni e impossibile per altri.

E ora avremo una banca "buona", libera dall'obbligo di dover "spesare" centinaia e centinaia di milioni (negli ultimi sette anni più o meno un miliardo e mezzo, somma insopportabile) di crediti che mai torneranno in cassa, e una banca "cattiva", dove quei crediti costituiranno un campo d'azione per specialisti del recupero (che sarà irrisorio).

Siccome i soldi dell'operazione non saranno quelli del territorio, perderemo il legame che ci ha legato in passato alla Banca Popolare dell'Etruria.