Un tempo Aldo Moro affermò che in politica potevano esistere le "convergenze parallele", oggi siamo di fronte a qualcosa di simile nel sistema bancario italiano. Per Banca Etruria (nuova o meno, non cambia niente) e due sue cugine siamo al salvataggio fatale. E' chiaro, infatti, che la storia (anche gloriosa) della banca aretina finisce qui. Finisce a caro prezzo, con qualche investitore gabbato, molti dipendenti divenuti esuberi, conti che per tornare hanno ancora bisogno di scaricare molti crediti deteriorati e ricorrere a un nuovo aumento di capitale. Il tutto senza contare che i molti soldi dei contribuenti spesi per la rinascita della Nuova Banca Etruria nel novembre 2015, sono andati in fumo come un fuoco di carta velina (sì, d'accordo, li ha sborsati il fondo Atlante, ma su quali portafogli ricadranno?).

C'è da scommettere, poi, che presto anche il nome scomparirà nell'universo UBI (che speriamo florido).

E' vero che la questione Banca Etruria di fronte all'operazione salvataggio Monte dei Paschi diventa un granello di sabbia, ma andate a dirlo a quegli investitori che hanno perso i loro soldi o, peggio, a quei dipendenti che perderanno il posto di lavoro.

Lo perderanno per lo più prepensionati? Può darsi, sempre a spese di tutti i contribuenti, però, come accadde anni fa, sempre in Banca Etruria.