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Redazione

Arezzo e i terremoti

A memoria d'uomo non è mai stata epicentro di un terremoto di quelli davvero tosti, Arezzo, ma ne ha sentiti tanti girarle intorno. Da Lucignano a Capolona, fino sopratutto a Monterchi e Anghiari. Il più forte e vicino nel tempo è senz'altro...

A memoria d'uomo non è mai stata epicentro di un terremoto di quelli davvero tosti, Arezzo, ma ne ha sentiti tanti girarle intorno. Da Lucignano a Capolona, fino sopratutto a Monterchi e Anghiari. Il più forte e vicino nel tempo è senz'altro quello di Monterchi del 1917, quando il paese venne "raso al suolo" e ovviamente i dintorni non se la cavarono certo bene, a cominciare da Sansepolcro e dalla stessa Arezzo.

Ci sono stati terremoti gravi anche successivamente, ma non hanno toccato la città più di tanto. La casistica della storia del territorio aretino è molto varia e i fenomeni sismici innumerevoli, specie se si prendono in considerazione anche quelli sotto il quinto grado e fino al quarto.

Nonostante questo gli aretini, specialmente nel secondo dopoguerra, non si sono molto preoccupati del rischio sismico e specialmente negli anni sessanta, quando costi accessibili e tecnologia piuttosto avanzata avrebbero permesso di realizzare edifici in grado di reggere a terremoti pesanti, si è badato più alla quantità che alla qualità.

Questo anche perché la fiducia nel cemento armato è cresciuta nel tempo, ma all'epoca era forse dei tecnici, ma non certo radicata tra gli imprenditori edili e la popolazione in generale.

Sono nato nel 1959, eppure da figlio di impresario edile ricordo ancora addetti ai lavori parlare delle capacità elastiche del cemento (senza armatura) come se esistessero veramente. Ricordo i magheggi fatti per far passare i tubi di scarico delle colonne dei bagni in mezzo ai travi in cemento armatissimi; magheggi che arrivavano fino a tagliare pressoché completamente l'acciaio.

Sono testimone del fatto che solo recentemente e saltuariamente si sono realizzati dei buoni collegamenti tra pilastri e tamponature, esterne o interne.

Ho visto con i miei occhi intere tamponature esterne (di strutture in C.A.) cadere a terra dopo le scosse dell'ottobre scorso a Campi di Norcia e a Norcia stessa. Ad Arezzo succederebbe certamente la stessa cosa in caso di terremoto altrettanto potente.

Ho visto rialzare edifici in città caricando ulteriore peso sulle loro fondazioni ottocentesche e ho saputo di pilastri realizzati fuori dai propri plinti di fondazione in palazzi centralissimi datati anni '60. Non si contano poi gli scantinati abusivi, non previsti dai progetti, realizzati come se questo non aggiungesse fragilità a strutture portanti spesso già troppo snelle.

E che dire della qualità edilizia di alcune tra le costruzioni più alte (anche molti piani) aretine?

Le debolezze strutturali di certo centro storico, in caso di terremoto, non sarebbero necessariamente le peggiori.

Noi cittadini dovremo molto pregare la Madonna del Conforto (tra l'altro già capace di far cessare le scosse di assestamento nel terremoto di Capolona) sperando che non si verifichino mai terremoti sopra il quinto grado Richter in città.

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