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Lunedì, 29 Aprile 2024
Arezzo da amare

Arezzo da amare

A cura di Marco Botti

Rigutino

San Lorenzo e San Martino, le due chiese scomparse di Policiano

La chiesa di fine Ottocento, dedicata a San Lorenzo e San Martino, custodisce alcune “reliquie” provenienti dai due edifici abbandonati, come una campana trecentesca e un tabernacolo ligneo dorato cinquecentesco

Alzi la mano chi non è mai salito al castello di Policiano per ammirare uno dei panorami più emozionanti della Val di Chiana. Coloro che devono ancora colmare questa lacuna, dovranno semplicemente svoltare a sinistra all’altezza del cimitero della frazione, lungo la strada SR71 o Umbro Casentinese, e salire per circa un chilometro lungo le falde occidentali del Monte Lignano. Arrivati al nucleo più antico della frazione, che in questi ultimi anni è stato a poco a poco recuperato, capiranno perché ne è valsa la pena.

Policiano o Puliciano, da Publicianum, è un insediamento che nel nome fa riferimento alla gens Publicia, una famiglia che doveva avere importanti possedimenti nella zona in epoca romana.

Il castello e la sua corte erano già citati nei documenti della seconda metà del X secolo. Nella prima metà del secolo seguente gli Azzi controllavano il fortilizio, finché nel 1044 il territorio passò ai potenti Marchesi del Monte di Santa Maria. Grazie alle donazioni, nel 1084 la Canonica Aretina era proprietaria di tutto.

Nel 1234 il castello fu occupato dal Comune di Arezzo scatenando l’ira del vescovo Martino, placata dagli accordi dell’anno seguente. Nel 1335 il maniero fu tra quelli più rovinati dagli attacchi dei perugini, nel tentativo di avanzare verso la città. Sopravvisse il possente mastio a sud, ancora oggi visibile ma sbassato.

Nel corso del Quattrocento giunsero a Policiano i Capponi di Firenze, che trasformarono il castello recuperato in villa. La casata fu tra le prime a introdurre in Manziana, a valle di Policiano, la coltivazione dei gelsi e l’allevamento dei bachi da seta man mano che i terreni della Val di Chiana venivano bonificati e tornavano fertili.

Nel 1640 i nobili chiesero invano al granduca Ferdinando II dei Medici di istituire un marchesato autonomo su Policiano e Sant’Andrea a Pigli. A loro seguirono nel 1848 i Chigi Saracini e nel 1910 i Barbolani di Montauto, che fecero restaurare la villa-fattoria nello stile imperante del periodo, rimasto in gran parte inalterato fino a oggi, nonostante i successivi passaggi di proprietà.

L’area esterna dell’ex castello fin dall’antichità era stata frequentata per la presenza di una fonte considerata miracolosa, famosa in tutta la zona fino almeno alla prima metà del Novecento per le acque “galattofore”, cioè in grado, secondo le credenze, di far venire il latte alle nutrici con problemi ad allattare. Veniva persino usata dai contadini, che prelevavano l’acqua per le vacche gravide. La fonte, ormai quasi illeggibile, si trova a sud-est delle mura castellane.

Nei pressi del castello erano ubicate due chiese, San Lorenzo e San Martino, entrambe secondo Angelo Tafi di origine altomedievale. La prima si trovava all’interno della cerchia muraria nel lato nord, mentre l’altra era subito fuori, a meridione, non lontano dalla fonte.

Della chiesa di San Lorenzo, scomparsa, rimangono interessanti testimonianze artistiche, tutte conservate all’interno del Museo di Arte Medievale e Moderna di Arezzo. Sono il frammento di un fregio lapideo con decorazione a nodi e intrecci con motivi geometrici (X/XI secolo), un’imposta d’arco in marmo piperino con due leoni appaiati che lottano contro due draghi (XIII secolo) firmata da Cione di Borgo San Sepolcro, i resti di un protiro pensile (parte del portale) con bassorilievi in pietra arenaria (XII secolo) e il grande affresco staccato che copriva la calotta absidale con “Cristo in gloria tra santi e angeli” attribuito a Giovanni d’Agnolo di Balduccio, allievo di Spinello Aretino (prima metà XV secolo).

La chiesa San Martino, “sitam extra et prope portam Pulliciani”, quindi all’esterno ma vicina alla porta del castello, rimandava alla fonte “galattofora”. Al suo interno, infatti, era presente la devozione per la Madonna del Latte, che con l’avvento del Cristianesimo si era affiancata e sovrapposta al culto pagano delle acque salutari, come spesso accadeva.

A metà del Quattrocento, sulla parete destra, venne affrescata una bellissima “Madonna del Latte”, attribuita al fiorentino Paolo Schiavo, allievo di Masolino da Panicale, a cui le fanciulle partorienti o già mamme affidavano le preghiere.

È facile immaginare che già in precedenza una statua lignea o un altro affresco avessero svolto la stessa funzione.

Nella visita pastorale dell’8 luglio 1550 del vescovo Bernardetto Minerbetti, le due chiese di Policiano figuravano unite e date “in commendam” al cardinale Giovanni Ciocchi Maria del Monte, dal 7 febbraio di quell’anno salito al soglio pontificio con il nome di Papa Giulio III. La commenda era un affidamento temporaneo dei redditi di un ente ecclesiastico a un commendatario, che così godeva delle rendite.

I secoli successivi lasciarono poche tracce degne di nota. San Lorenzo a metà Ottocento era già in rovina. San Martino continuò invece a essere la sede della parrocchia fino al 1889, quando la nuova chiesa costruita più a valle, più comoda da raggiungere per la popolazione, venne ultimata. Gli anni a cavallo tra le due guerre mondiali furono nefasti per l’antico luogo di culto ormai abbandonato. Nel 1936 era già segnalato il crollo parziale del tetto, che si completò negli anni Quaranta.

Oggi, chi sale nella parte vecchia di Policiano, trova l’edificio scoperchiato e avvolto dalla vegetazione infestante. Le sue pareti precarie sono ancora in piedi e nella facciata è ancora presente, non si sa per quanto, il grazioso campanile a vela. All’interno si vede qualche traccia di pittura, mentre il pavimento è completamente divelto. Davanti alla facciata, all’esterno, è collocato un cippo che ospitava in passato una croce.

La chiesa di fine Ottocento, dedicata a San Lorenzo e San Martino, custodisce alcune “reliquie” provenienti dai due edifici abbandonati, come una campana trecentesca e un tabernacolo ligneo dorato cinquecentesco. A destra dell’altare maggiore si può ammirare infine la stupenda “Madonna del latte” dello Schiavo, che per fortuna fu staccata dalla sede originale, incorniciata e inserita in un nuovo altare, dove ancora oggi viene ammirata da tutti coloro che frequentano la località.

Policiano le chiese scomparse dedicate a san Martino e san Lorenzo

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