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A cura di Matteo Marzotti

Lauro Minghelli, il ricordo di Pilleddu: "Quella rovesciata in allenamento non la dimenticherò mai"

Il 15 febbraio 2004 si spegneva a soli 31 anni Lauro Minghelli, colpito dalla Sla

Aveva compiuto da poche settimane 31 anni Lauro Minghelli quando alle 14:30 di quel 15 febbraio 2004 si spense. La Sla, il morbo di Lou Gehrig, lo aveva reso ormai da tempo, e troppo velcomente, irriconoscibile rispetto a quel calciatore di talento, capelli ricci e sorridente, che dalla terra dei motori era arrivato fino alle soglie del professionismo nelle categorie che contano. Il Maranello, il Sassuolo, il passaggio alla Primavera del Torino dove però iniziò ad avvertire i primi problemi di salute.

Fu Ciccio Graziani a notare quel ragazzo, un centrocampista elegante, mentre si trovava a Torino seguendo gli allenamenti del figlio Gabriele, all'epoca compagno di squadra di Lauro. Minghelli si allenava in disparte, stava recuperando da un intervento chirurgico per un osteoma al femore. Graziani non ci pensò due volte: quel ragazzo faceva comodo all'Arezzo. Era l'estate del 1993, il Cavallino ripartiva dopo la radiazione e così da Torino arrivarono Graziani e Minghelli. Quel centrocampista, definito da Serse Cosmi come 'un piccolo Tardelli', anche ad Arezzo venne perseguitato da problemi fisici, da un dolore alla schiena identificato come un osteoma alla vertebra. In realtà era la Sla. La storia di Lauro, della sua ultima partita a Pontedera, di quel rosso che col senno di poi ha assunto ben altro valore, il suo sorriso e il coraggio nell'affrontare di petto la malattia è un qualcosa che è parte integrante dell'Arezzo non solo sportiva. Figurarsi i compagni di squadra come Bobo Pilleddu.

"Se non era per la malattia Lauro avrebbe giocato in serie A - commenta Pilleddu - era il capitano della Primavera del Torino che vinse il campionato: significa che avevano già riconosciuto in lui delle doti importanti. In quella squadra c'erano giocatori come Cois e Vieri tanto per dirne qualcuno. Poi però ha dovuto affrontare tante di quelle battaglie. A 18 anni quel tumore alle ossa, o almeno questa era la diagnosi. I problemi fisici che non lo lasciavano in pace nemmeno ad Arezzo. Lui però non perdeva mai il sorriso, la voglia di scherzare, di stare in gruppo a parlare. Guarda, aveva un carattere unico, era impossibili non volergli bene. Merito della famiglia, dei suoi genitori. Due persone che ho avuto modo di conoscere e ti garantisco che sono eccezionali".

Ripensando a Lauro qual è la prima cosa che ti viene in mente?

"Ho due flash. Lauro era appena tornato ad allenarsi dopo l'intervento alla schiena e ricordo questa cicatrice molto grande e la riabilitazione davvero lunga. Pensa che fu necessario attendere l'ok dei medici prima di vederlo prendere parte alla partitella perchè doveva evitare traumi. Fino ad allora aveva solo corso, ma aveva un voglia incredibile di giocare. Un giorno, era primavera, finalmente arriva l'ok: Lauro è pronto per giocare. Serse ci mette in guardia dal fare interventi duri su Minghelli. A un certo punto su un pallone che si impenna a centrocampo Lauro non si inventa una rovesciata! Cadde di schiena a terra su un campo che era duro come cemento. Restammo tutti immobili, Serse per primo:ci aveva freddato, temevamo il peggio. Lauro invece si rialzò subito con un 'visto ragazzi, sto bene'. Era stato il suo modo per dire a noi compagni di squadra che era tutto ok".

E il secondo flash?

"Presentazione del libro di Serse. Il mister mi aveva invitato insieme ad altri compagni tra cui Lauro che era già in carrozzina. Cosmi mi aveva avvertito del peggioramento così repentino di Lauro per mettermi in guardia e non farmi restare male davanti a Minghelli. Mi presentai all'appuntamento indossando un paio di stivali di pitone. Lauro quando li vide mi guardò e mi disse con il suo accento: 'Senza stivali Bobo...'. Non ha mai perso il sorriso".

Cosa ricordi di quel 15 febbraio 2004?

"Giocavo con l'Olbia quando mi chiamò Gabriele Graziani. Fu un duro colpo, anche se noi compagni di squadra e Serse ci eravamo per certi versi preparati. Sapevamo quali erano le condizioni di Lauro ma quando arrivò quella telefonata fu un bel colpo da assorbire...a casa, nel corridoio ho un bel po' di ricordi della mia carriera e lì ci sono la statua che mi regalarono al mio ritorno ad Arezzo e alcune foto. Ad una in particolare sono legato. È quella che mi ha regalato Stefano Turchi lo scorso anno, quando venni ad Arezzo, c'erano anche i genitori di Lauro. È la foto del mio primo gol al Comunale. Sono sofferente come non mai, sul volto ho una smorfia di dolore per colpa di Lauro che per esultare con me per poco non mi soffoca. Ogni giorno passo lì davanti e non posso non pensare a quell'abbraccio".

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Lauro si spense il 15 febbraio 2004. La vittima più giovane della Sla: ammalatosi a 26 anni e scomparso a 31. Era una domenica e l'Arezzo quel giorno stava affrontando in casa la Pistoiese. I tifosi della curva sud, che poco tempo dopo venne intitolata a Minghelli, tolsero i propri striscioni non appena appresero la notizia. La trasferta di Cesena (1-1), in notturna, fu quella dell'esodo amaranto, del maxi striscione nel settore ospiti del 'Mannuzzi' per ricordare Lauro. Da un lato i tifosi amaranto con Minghelli, dall'altra quelli del Cesena che a loro volta ricordarono Marco Pantani, scomparso il 14 febbraio 2004. Due sportivi diversi, con le loro storie, ma uniti dall'affetto che i rispettivi tifosi nutrivano nei loro confronti e non solo per le avversità che hanno dovuto affrontare.

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