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Martedì, 16 Aprile 2024
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"Sarete voce attiva della chiesa", Fontana chiama a raccolta i 500 del sinodo: l'avvio con Gualtiero Bassetti

E' nel giorno dell'Epifania che l'arcivescovo Riccardo Fontana ha chiamato a raccolta i 500 chiamati a comporre il Sinodo diocesano ovvero coloro che saranno "voce attiva dell’analisi della situazione presente della Chiesa, per progettare il...

E' nel giorno dell'Epifania che l'arcivescovo Riccardo Fontana ha chiamato a raccolta i 500 chiamati a comporre il Sinodo diocesano ovvero coloro che saranno "voce attiva dell’analisi della situazione presente della Chiesa, per progettare il futuro”.

Così è cominciato il cammino che porterà all'avvio vero e proprio della congregazione chiamata a "riformare" la chiesa aretina.

Le prossime tappe di questo solenne cammino sono infatti state fissate: ad inaugurare ci penserà il presidente della Cei, nonché ex vescovo di Arezzo, Gualtiero Bassetti il prossimo 15 febbraio, festa della Madonna del Conforto. L'8 aprile, domenica della Misericordia, invece prenderanno avvio i lavori sinodali. Quest'oggi alle 18 all'interno della cattedrale erano presenti i 500 che hanno ricevuto mandato dall'arcivescovo della Diocesi di Arezzo Cortona Sansepolcro. Di seguito il testo completo dell'omelia dell'arcivescovo Riccardo Fontana.

“Fratelli e sorelle amati da Dio: il Signore ci dia pace in questo giorno santo. Come i Magi a Betlemme guidati dalla stella, anche questa assemblea raccoglie quanti si sono messi in cammino, convenuti da ogni zona della Diocesi, dalle parrocchie, dai vicariati foranei, per essere parte attiva del Sinodo diocesano, la via da percorrere insieme, sulle orme del Cristo nostro Signore.

  1. Tornare a guardare le stelle

Abbiamo anche noi bisogno di soprannaturale, di guardare le stelle, scrutare gli spazi popolati dagli Angeli, per liberarci dalla tentazione di banalizzare, semplificare ogni cosa, al ritmo frenetico del mondo virtuale.

Vogliamo essere cristiani veri e credibili capaci di parlare di Dio per esperienza vissuta. Lo abbiamo incontrato sulla strada che scende da Gerusalemme a Gerico, quando si è fatto carico delle ferite nostre e di molti nostri contemporanei. Ci chiede di essere anche noi, buoni samaritani, suoi amici. Sulla via di Damasco, come Paolo, sappiamo che occorre fermarci, cadere dal monte della superbia, dal mito dell’onnipotenza, per incontrare Gesù, Parola di Dio, che per dialogare con noi ha scelto la via dell’umiltà: la Parola, il Verbo, si è fatto infante per dialogare con noi, nella povertà della gente che ha perso le motivazioni per vivere, nelle vittime di un mondo globalizzato, dove per la rapidità del web non è più possibile ignorare le sofferenze di milioni di fratelli e sorelle. Questa Chiesa in Terra d’Arezzo ha molto da dire e da fare per essere all’altezza di chi ci ha preceduto, ma ancor più per rispondere nel nostro tempo alle difficoltà di credere della generazione nuova. E’ stato detto che “nell’epoca liquido-moderna, la cultura è plasmata per adeguarsi alla libertà individuale di scelta e alla responsabilità individuale”. Si va a Sinodo per ritrovare il modo d’essere amici di Gesù, nella santità quotidiana, per far diventare storia l’utopia, per rinnovarci, camminando anche noi sulle acque, come Pietro, resi forti della presenza in mezzo a noi del Risorto, che anche stasera ci ripete: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” 2. La logica del dono Baldassarre, Melchiorre e Gaspare i saggi d’Oriente, arrivarono di fronte a Gesù con oro, incenso e mirra. La Liturgia e i Padri interpretarono come preziosi doni simbolici: oro per riconoscere la regalità del Bambino nato; incenso a ricordare la sua divinità; la mirra, dei corpi defunti, per parlarci del sacrificio e della morte dell’uomo Gesù. Anche noi intendiamo portare a Gesù i nostri doni, ma siamo consapevoli che è assai più quello che riceviamo da Lui, che quello che possiamo donare. Questa aspettativa, che segna la nostra vita di credenti, ci ha fatto giungere stasera alla Chiesa cattedrale che è madre di tutte le altre chiese della Diocesi, per avviare insieme un sinodo. E’ il Signore che ci chiama e vogliamo rispondergli con gesti concreti e significativi, come i pastori che si misero in cammino nella notte, come i Santi Magi guidati dalla stella cometa. Tocca alla Chiesa fare da stella nel buio e nella incertezza di questo tempo, come ci ha ripetuto questa sera il Profeta Isaia: “la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli”. Nostro compito, cari cristiani, è portare luce, per offrire a chi è alla ricerca, a chi alza il capo e non si arrende rassegnato al pensiero comune, la via e la luce della cometa dei Magi. “Chiesa in Uscita”, come ama dire Papa Francesco, vuol dire ritrovare il gusto di rimetterci in cammino, di non aver paura del nuovo, di essere pronti ai cambiamenti necessari per compiere la missione che il Signore ci ha affidato, di avere la vitalità interiore, dono dello Spirito Santo che ci è promesso. Per essere di riferimento agli altri, dobbiamo recuperare il fascino di seguire Gesù e la gioia di trovarlo. Dai Santi Magi vogliamo imparare che l’esperienza soprannaturale che stiamo avviando suggerisce anche a noi di ritornare al quotidiano impegno “per aliam viam” per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”.

Ecco i nostri doni. Portiamo sì al Signore la nostra speranza di una Chiesa, fatta ancor più bella dalla Grazia dello Spirito Santo, che deve essere il vero autore del Sinodo Diocesano. Il Sinodo non deve entrare nella logica del “cambiare per cambiare”, ma in quella dettata dal Papa: “La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità”.

Abbiamo nel cuore la fede, che torniamo a professare insieme, in questo rito di convocazione. E’ il dono dell’oro fatto dai Magi: credere nel Regno di Dio come possibile.

Il tempo che dedicheremo al Signore nell’avventura sinodale, le nostre capacità personali, il senso di Chiesa che abbiamo nel cuore sono la carità, che intendiamo condividere con gli uomini e le donne di questo territorio, già credenti in Cristo, o appena conosciuto. Occorre ritornare alle fonti, attingendovi interiorizzando. Il Vangelo, tutta la Parola di Dio, sono altra cosa rispetto alla così detta cultura cristiana, che i media hanno fatto connotare in ogni angolo della Terra come un quieto moralismo.

3. Chi siamo, come ci poniamo tra i nostri contemporanei, quale missione

Occorre, dopo secoli, ridefinire l’identità della nostra Chiesa, non già ricorrendo solo alle gloriose gesta dei nostri Martiri, ai Confessori della fede, alle donne e agli uomini, che vissero giusti e probi, resistendo al male e praticando il bene, ciascuno nella propria condizione. L’identità rinnovata che intendiamo raccogliere dal Signore si raggiunge con il consenso, sempre più largo, al progetto pastorale di questa Chiesa per i prossimi anni.

Siamo quel che faremo in obbedienza al Signore che a tutti noi dona il suo Spirito, in comunione con la Santa Madre Chiesa!

Ho voluto che fin da quest’oggi, prima convocazione del Sinodo Diocesano, si segnasse il percorso, conferendo ad un gruppo di nostri fratelli che si sono adeguatamente formati due ministeri: quello dell’Accolitato perché i sacramenti siano celebrati come punto d’incontro con il Signore Risorto e il Ministero Straordinario della Santa Comunione, per portare il Corpo e il Sangue di Cristo soprattutto ai fratelli ammalati e infermi, o al popolo in caso di bisogno. Vi sono molti altri ministeri, sia all’interno del corpo ecclesiale che nella società come missione della Chiesa verso il mondo. Il Sinodo è chiamato a discernere quali attuare e come farlo secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II e dei Papi: dobbiamo avviarci a una Chiesa tutta ministeriale. Papa Francesco, anche nella recente Udienza, mi ha raccomandato che il prossimo Sinodo valorizzi, per quanto possibile, i Ministeri dei laici e non solo quelli ad intra ecclesiae, ma anche quelli rivolti verso la Città dell’uomo, cioè la missione.

Il Signore ci conceda, in questo giorno santo, di tornarcene agli impegni quotidiani per aliam viam, come fecero i Magi, ricchi di esperienze ecclesiali significative, perché nelle nostre famiglie, nel lavoro quotidiano, nelle relazioni con il prossimo si avveri ancora l’auspicio dell’apostolo Giovanni, che “la vostra gioia sia piena".

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