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"Caro Desideri non siamo d'accordo". I pazienti del centro oncologico sulla rotazione dei medici: "Perché dovrei cambiare terapista?"

I cittadini che usufruiscono del centro oncologico di Arezzo cosa pensano di tutto questo? La risposta ce l'ha data Enzo Gradassi, scrittore e appassionato di storia locale e anche, da otto anni, paziente oncologico.

Quale futuro per il centro oncologico di Arezzo? Quale destino per le cure dei pazienti di questo reparto che, di fatto, è considerato da molti un'eccellenza della medicina e non solo a livello locale?

I dubbi sono quelli sopraggiunti in seguito alla notizia riguardante la rotazione nelle vallate dei medici specialisti che prestano opera all'interno del centro. Professionisti che si occupano di seguire passo dopo passo tutti quei cittadini che negli anni hanno avuto necessità di accedere alla struttura cercando la giusta strada per combattere battaglie feroci e complicate.

La denuncia della possibile riorganizzazione è arrivata direttamente dal Calcit di Arezzo che ha espresso apertamente i propri dubbi circa questa possibilità.

"Le modifiche, se utili, vanno fatte in accordo con tutto il personale medico e soprattutto ascoltando il punto di vista dei pazienti ai quali nessuno ha chiesto nulla - hanno sottolineato dal Calcit - Pensiamo che i pazienti, se coinvolti, potrebbero dare preziosi ed utili suggerimenti".

Ne è seguita la replica di Enrico Desideri, direttore generale della Asl Toscana Sud Est.

"L’idea innovativa che vogliamo portare avanti è che ci sia un’interazione tra i vari specialisti, perché solo così il loro livello professionale e culturale può crescere. Questo significa che un oncologo può spostarsi dalla Valtiberina ad Arezzo o viceversa, in base ai casi e alle esigenze dei malati, che sono il nostro primo pensiero. Tutto questo in accordo con i nostri bravi oncologi, così come fanno già da tempo i chirurghi e i cardiologi ad esempio".

Ma i pazienti?
I cittadini che usufruiscono del centro oncologico di Arezzo cosa pensano di tutto questo?

La risposta ce l'ha data Enzo Gradassi, scrittore e appassionato di storia locale e anche, da otto anni, paziente oncologico.

Il "livello professionale e culturale" degli specialisti si eleva permettendogli di partecipare, in serenità e senza temere di lasciare i propri pazienti anche solo per due giorni, ai convegni e congressi scientifici, dove si misurano le esperienze nazionali e internazionali, non mandandoli a fare i piccioni viaggiatori in giro per la provincia.

Come utente sono stato preso in carico 8 anni fa da uno specialista che mi conosce a menadito. Sa quali cure ho seguito, quali mutamenti ci sono stati e perché una terapia è stata sostituita con un'altra. Conosce quali effetti hanno determinato le diverse terapie e di fatto è lui stesso, in quanto specialista, una parte integrante della mia terapia.

Uno che mi vedesse per la prima volta leggerebbe forse tutta la mia cartella clinica? Esaminerebbe gli esiti delle Tac e delle risonanze magnetiche alle quali sono stato sottoposto? Andrebbe a vedere le diverse terapie seguite? Avrebbe il tempo materiale per farlo? Oppure si limiterebbe a leggere l'ultima, forse le ultime due, pagine?

Quale è il motivo terapeutico per il quale dovrei vedermi cambiare lo "specialista" che mi segue da anni?

E lo "specialista" mi lascerebbe così al primo (per carità, bravissimo) che capita?
E quelli mandati da una accellenza come il Centro oncologico di Arezzo a fare i piccioni viaggiatori (ma non in altre eccellenze come il Niguarda o a Parigi) in quale stato proseguirebbero la loro attività? Potrebbero a cuor leggero prendere in carico altrove pazienti che magari sono in cura da tempo e dei quali sarebbero costretti a leggere solo le ultime pagine della cartella clinica? E il paziente "storico" dovrebbe raccontare la propria "carriera sanitaria" ad un bravissimo ma ignoto "specialista" che non conosce?

Il Centro oncologico di Arezzo nato con le donazioni dei cittadini e con la meritoria attività del Calcit dovrebbe adeguarsi agli standard di Area Vasta che, purtroppo, non risultano essere altrettante eccellenze.

Lo stimatissimo dottor Desideri ci parli davvero con i degenti e smetta di dire che questi capitomboli organizzativi sono fatti nell'interesse dei pazienti. Già non lo furono quando il centro venne spostato dalla palazzina del Calcit a suo tempo appositamente realizzata, per essere compresso in un reparto ospedaliero che alla fine è risultato inadeguato.

Eppure nessuno ha fiatato, in nome del bun andamento del servizio.

Mi permetto di rammentare allo stimatissimo (non è ironia) dottor Desideri che ogni paziente ha diritto alla continuità terapeutica e assitenziale, ed in particolare il paziente oncologico che, se ha la buona sorte di capitare in una eccellenza come quella di Arezzo e come me ha la "fortuna" di vivere, vedrà cronicizzare la propria malattia e sarà ancor più legato al rapporto psicologico, di empatia e fiducia stabilito con quello specialista.

Che poi gli oncologi siano daccordo con questa idea della "rotazione", è un'altra balla spaziale. In questo senso sarebbe utile chiederlo alle organizzazioni sindacali dei medici. Magari, questo non lo so, ce ne potranno essere uno o due in giro per i distretti che sono daccordo.

Scommetto che, a cercarlo, troverà anche un paziente che dirà di essere favorevole, ma non si aspetti numeri che vadano oltre le dita della mano.

Se invece tutto questo pandemonio è un attacco diretto all'eccellenza del centro oncologico dell'ospedale San Donato di Arezzo, lo dica chiaramente e dica anche quali azioni intende attivare per salvaguardare il patrimonio di scienza, conoscenza e risultati del centro, che continua ad essere del Calcit.

Quando c'è da lodare si loda ma quando si propongono inaccettabili assurdità, mi trovereanno in prima fila contro.

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