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L'orsetto lavatore è un problema serio ad Arezzo. "Porta malattie e minaccia specie rare. Va eradicato"

E' un "alieno" liberato in Casentino prima del 2013. Il Parco sta catturando alcuni esemplari, ma non basta. Una ricerca attesta che i procioni sono usciti dalla vallata, arrivando fino in Romagna e a Sestino

Un'invasione aliena in Casentino. E chi l'avrebbe detto che l'usurpatore potesse avere le simpatiche fattezze di un orsetto lavatore? Il procione è tanto buffo nell'immaginario collettivo quanto dannoso per l'ecosistema del nord della provincia aretina. L'allarme è stato lanciato già nel 2015 dal presidente del Parco delle Foreste Casentinesi, Luca Santini. Ma adesso si rinnova. Perché negli anni gli avvistamenti si sono moltiplicati, i gruppi di animali si sono stabilizzati sul territorio e tendono a conquistare spazi nuovi, infestandoli.

Santini (Parco del Casentino): "Il procione è in espansione"

Cosa è il procione

Il procione (Procyon lotor) - spiega un approfondimento del Parco - è un mammifero di medie dimensioni originario del Nord America dove vive in popolazioni stabili. E’ anche chiamato orsetto lavatore: pare infatti che in cattività sia stato osservato il suo curioso modo di immergere nell’acqua il cibo come per lavarlo. Una delle caratteristiche che rende infatti questo animale molto simpatico è la straordinaria abilità ad usare le zampe anteriori per manipolare e ispezionare gli oggetti. La particolarità principale del mantello del procione è la mascherina nera attorno agli occhi.  E’ un onnivoro e l’habitat naturale è fra i più vari.

L'allarme di cinque ricercatori

A questo proposito, c'è una ricerca portata recentemente a termine da un gruppo di biologi, composto da Andrea Boscherini (scienziato che collabora alla tramissione di Rai 3 Geo), Giuseppe Mazza (Crea, consiglio per la ricerca in agricoltura e analisi dell'ecnomia agraria), l'aretino Mattia Menchetti (Institut de biologia evolutiva di Barcellona e Università di Firenze), Alessandro Laurenzi (Golden Group Srl) ed Emiliano Mori (Università di Siena); si intitola “Time is running out! Rapid range expansion of the invasive northern raccoon in central Italy”, ovvero "Il tempo sta scadendo! Rapida espansione del procione nell'Italia centrale ”, ed è stato pubblicato sulla rivista Mammalia.

Uno dei problemi - spiega uno dei biologi, Emiliano Mori - è che i procioni competono con specie autoctone come la puzzola. Mangiano di tutto, creano danno all'ambiente e all'agricoltura. Il principale rischio in Casentino è che i procioni mangiano anche il gambero di fiume della zona (Austropotamobius pallipes complex), una specie rara e protetta. Ormai la popolazione si autosostenta, si riproduce e si è stabilizzata sul territorio.

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Sopra un'immagine di una delle vittime del procione tratta dalla ricerca

Le segnalazioni fino alla Consuma e a Sestino

La ricerca è partita da due casi di procioni vittime di incidenti stradali nel 2013 e 2015 in Casentino.

In 2 anni - riporta la ricerca tradotta in italiano su Greenreport - i procioni hanno superato i confini del Parco Nazionale, situato a circa 7 km a nord dalla posizione di introduzione. I procioni sono stati sempre registrati vicino a corsi d’acqua nei dintorni dei paesi (Poppi, Stia, Pratovecchio, Bibbiena e Bagno di Romagna), di foreste, radure e campi incolti, tra 370 (Poppi) e 1032 (Consuma) metri sul livello del mare.

Addirittura ci sono segnalazioni nel comune di Sestino, nei pressi del Sasso di Simone. Non sono disponibili - in base alla ricerca - dati affidabili sulla dimensione della popolazione di procioni, sebbene nel 2016 siano stati stimati almeno 12 individui presenti nel parco nazionale del Casentino.

L'origine dei procioni in Casentino

Ma da dove vengono i procioni della provincia di Arezzo? Dice la nota del Parco del Casentino:

La loro origine è ancora incerta, potrebbero essere scappati o deliberatamente liberati da qualche privato che li deteneva illegalmente o da centri zoologici che non hanno provveduto alla detenzione in maniera corretta. 

L'unico zoo della zona è quello di Poppi, ma la responsabile Elisabetta Mattoni, respinge ogni responsabilità: "Avevamo i procioni, è vero, ma da qualche anno non ci sono più".

Che fine hanno fatto?

"Sono stati ceduti a un privato per essere trasferiti in una struttura all'estero".

Non ci sono possibilità che siano scappati dalle gabbie?

"No. Nel 2012 siamo stati soggetti a un maxi blitz e dopo i controlli le gabbie dei procioni furono ritenute idonee".

Come è possibile che i procioni, dal 2013, si siano diffusi in Casentino, secondo lei?

"Forse sono sfuggiti a qualche privato".

C'è da dire che il procione è presente in altre parti d'Italia e, specifica la nota del Parco, "fino al 2006, quando è entrato in vigore il Decreto del Ministero dell’Ambiente che ha inserito il procione nella lista dei cosiddetti animali pericolosi, era stato liberamente importato e venduto in Italia, sia come animale da compagnia che come animale da pelliccia. Dopo questa data molti procioni sono stati purtroppo incautamente abbandonati e data la loro eccezionale capacità di adattamento si sono riprodotti e in alcune aree hanno deciso di stabilirsi in modo permanente".

Cosa fare adesso?

Il Parco sta procedendo, da tempo, con le catture. E l'attenzione del carabinieri forestali, guidati dal comandante di Arezzo Claudio d'Amico, è alta anche al di fuori dei confini del parco. Le indicazioni europee che arrivano, a proposito del procione nel Centro Italia, sono chiare e parlano di necessità di "eradicazione". Il tenente colonnello dei carabinieri forestali Marco Mencucci spiega che "al momento ci sono state soltanto catture, con la detenzione in strutture. Ma occorre essere vigili per i molteplici danni che questa specie può causare, occupando fragili nicchie ecologiche di animali autoctoni. Oltretutto i procioni sono anche portatori di malattie".

Sul piano d'azione in atto e sulle prospettive secondo le quali affrontare il problema-procione si aprlerà anche sabato 9 novembre al Castello dei Conti Guidi di Poppi, nel corso di un incontro dal titolo: "L'evoluzione della teriofauna nelle riserve naturali biogenetiche casentinesi".

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