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Dal Senegal in cerca di una nuova vita. Oggi Abdulaye è ospite della Casa di Adama

Adama morì proprio un anno fa durante un bagno nell'Archiano. Oggi in sua memoria c'è una casa che ospita giovani migranti che come lui avevano trovato accoglienza nell'Aretino

"Quando ero piccolo e frequentavo la scuola, in Senegal, la mia materia preferita era la geografia. Sfogliavo il libro e immaginavo come potevano essere tutti quei Paesi lontani".

Quello che allora Abdulaye non poteva immaginare era che un giorno dal cuore dell'Africa sarebbe partito e avrebbe percorso migliaia di chilometri, attraversando un continente intero e approdando in Italia in cerca di una nuova vita. Quei Paesi che da piccolo sognava, li ha attraversati 4 anni fa, in un viaggio difficile e pericoloso. Dal Senegal al Mali, poi Burkina Faso, Niger, Libia. E ancora il mar Mediterraneo fino ad approdare alla costa siciliana. Infine la sua nuova "casa", nell'Aretino. Dapprima nel programma di accoglienza presso lo Sprar di Castiglion Fibocchi e Laterina, oggi a Bibbiena, nella Casa di Adama. Abdulaye è infatti uno dei primi giovani ad entrare nell'appartamento messo a disposizione dall’Associazione Tahomà in memoria del giovanissimo migrante del Gambia  – Adama Danso -  morto lo scorso anno a Partina, annegato nell'Archiano.

Il dramma di Adama è avvenuto proprio un anno fa. Ma a distanza di 12 mesi in sua memoria tanto è stato fatto. L'associazione ha voluto offrire un percorso a giovani come Abdulaye per tamponare le emergenze derivanti dal “Decreto Salvini” "la cui prima conseguenza - spiega l'associazione - è la preclusione al sistema di seconda accoglienza Sprar per i migranti a cui è stata riconosciuta la protezione umanitaria".

La storia di Adama

Abdulaye ha un lavoro. A dire la verità da quando è arrivato non è mai stato con le mani in mano. "Ho svolto vari lavori stagionali - racconta - sono stato contattato e ricontattato. E adesso il mio primo obiettivo resta il lavoro. Nel frattempo ho fatto anche dei corsi". Uno di questi è stato un corso di mediazione culturale, con il quale ha conseguito un titolo spendibile in futuro. 

"Quando sono partito non sapevo quale sarebbe stata la mia destinazione. Durante il viaggio ci sono stati momenti difficili, nei quali ho avuto paura. Come quando ero in prigione in Libia: lì non esisteva legge, eravamo in mano di persone che facevano quello che volevano. In Italia sono arrivato con un barcone: eravamo quasi 100 persone, tra i quali donne e bambini. Una grande nave ci ha accolti, forse era la Guardia Costiera, e ci hanno portato in Sicilia. E' stato allora che ho visto un altro mondo. Un mondo che non immaginavo. Tutti quelli che ho incontrato in Italia hanno fatto molto per me: mi hanno aiutato, mi hanno insegnato molte cose, ho imparato a vivere di nuovo. E io sono molto grato".

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