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"Mal di sushi" nell'ultimo biennio tre focolai nell'Aretino: in due casi tonno sequestrato e intossicazioni scongiurate

Un mal di testa pulsante, arrossamenti diffusi e poi tachicardia, dispnea, vertigini e problemi gastro intestinali: sono i sintomi di quello che ormai viene chiamato "mal di sushi". Una serie di disturbi che vengono accusati da chi è colpito da...

Un mal di testa pulsante, arrossamenti diffusi e poi tachicardia, dispnea, vertigini e problemi gastro intestinali: sono i sintomi di quello che ormai viene chiamato "mal di sushi". Una serie di disturbi che vengono accusati da chi è colpito da "sindrome sgombroide", intossicazione balzata agli onori delle cronache proprio in questi mesi a Milano dove i casi si stanno moltiplicando e di pari passo lievitano con gli esposti alla Procura della Repubblica. Ad Arezzo i numeri sono più contenuti, ma il rischio è lo stesso, soprattutto all'aumentare dell'offerta di locali che propongono pesce crudo.

Ma di cosa si tratta? "La sindrome sgombroide - spiega la Asl Sud Est Toscana - è causata principalmente dal consumo di prodotti ittici contenenti alti livelli di istamina e probabilmente altre ammine vasoattive e altri composti. Le specie ittiche nelle quali maggiormente si può verificare ciò appartengono alla famiglia Scombridae (ad esempio tonni e sgombri). L'alimento non presenta alterazioni organolettiche e nessun metodo di preparazione, compresi la congelazione, l'inscatolamento, l'affumicatura, porta alla distruzione della noxa tossica".

L’istamina di fatto non è presente nel pesce al momento della cattura: si forma a cominciare dalle prime fasi del deterioramento del pesce che può avvenire dallo sbarco fino alla distribuzione ed anche nell'ambito della ristorazione collettiva o privata. La diffusione esponenziale di ristoranti che propongono nel loro menù pesce crudo (spesso con formule low cost) possono - per la legge dei grandi numeri - far aumentare la probabilità di intossicazioni.

Nel territorio della Azienda USL Toscana Sud Est sede di Arezzo, nel triennio 2014-2016 si sono verificati 3 focolai ed un caso singolo di Sindrome sgombroide.

"I focolai - spiegano alla Asl - si sono manifestati due nei mesi di agosto del 2014 ed uno a marzo 2015. Complessivamente i focolai hanno interessato 10 soggetti di età compresa tra 25 e 45 anni. Tutti i commensali avevano consumato un pasto a base di tonno. Dopo 20 - 90 minuti dal pasto, era insorta una sintomatologia caratterizzata da cefalea pulsante, eritema diffuso, tachicardia, dispnea, sudorazione profusa, disturbi gastrointestinali, vertigini, astenia, edema delle labbra e della lingua. Per 9 soggetti è stato necessario il ricovero in Pronto Soccorso e per alcuni è stato necessaria la somministrazione di una terapia antistaminica e cortisonica.

Il caso singolo, verificatosi nel mese di aprile di quest'anno, ha riguardato una giovane donna di 25 anni, non residente ad Arezzo, che aveva consumato una tagliata di tonno in un ristorante della nostra città. Anche in quest'ultimo caso , dopo breve tempo dalla consumazione, era comparsa una sintomatologia simil-allergica con eruzione eritematosa pruriginosa e cefalea che ha indotto la donna a recarsi al Pronto Soccorso".

In ogni caso i sintomi sono scomparsi nell'arco di poche ore (2-3) e il Pronto soccorso dove si sono rivolti ha segnalato i casi al Dipartimento di Prevenzione della Asl. Ne sono quindi seguite delle verifiche nei locali dove il pesce era stato consumato: "In due casi - spiegano gli operatori della Asl - è stato possibile campionare, per sottoporre ad analisi, il tonno residuo ancora presente nell'esercizio, pronto per essere servito dai clienti. Il risultato ha dato esito positivo per presenza di istamina al di sopra dei valori accettabili."

E' stato questo intervento tempestivo a scongiurare ulteriori casi di intossicazione. Aver evitato ulteriori somministrazioni del tonno ha infatti evitato il deflagrare di altri focolai.

"Negli altri due focolai il tonno consumato dai soggetti intossicati - spiegano dalla Asl -, non era più disponibile, gli esami analitici su un'altra confezione integra dello stesso prodotto sono risultati negativi. Questo fa supporre che l'Istamina si sia prodotta nel tonno nella fase successiva all'apertura della confezione, ipotizzandone una cattiva conservazione".

Per evitare l'intossicazione, ricordano i medici, "è fondamentale quindi conservare l'alimento a temperatura inferiore a 4°C ciò permette di prevenire la crescita batterica e la formazione di istamina".

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