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L'omelia di Pasqua del vescovo Fontana: "Coraggio Arezzo, andiamo avanti"

Notte di Pasqua 2016, l'omelia integrale dell’Arcivescovo nella cattedrale d’Arezzo. Fratelli e sorelle nella fede: questa è la notte nella quale il Nuovo Israele veglia al cospetto di Dio, per rinnovare la propria appartenenza al Signore...

Notte di Pasqua 2016, l'omelia integrale dell’Arcivescovo nella cattedrale d’Arezzo.

Fratelli e sorelle nella fede: questa è la notte nella quale il Nuovo Israele veglia al cospetto di Dio, per rinnovare la propria appartenenza al Signore, attraverso i quattro segni che scandiscono la comune preghiera: Il fuoco, l’ascolto della Parola di Dio, l’acqua del Battesimo con il rinnovamento delle nostre promesse, l’Eucaristia. 1. La notte dei segni primordiali della nostra fede

Il fuoco nuovo con cui trasformare il mondo, la luce di Cristo che illumina le tenebre, il canto e la poesia dell’Annunzio pasquale ci hanno fatto partecipi della liturgia pasquale dei secoli. Siamo il popolo di Dio. Veniamo da lontano: dal costato di Cristo aperto sulla croce. Come Eva fu tratta dal costato di Adamo e ne divenne la sposa, così ci insegnano i Padri che la Chiesa nasce dal costato del Signore: dal Sangue e dall’Acqua sgorgati dal cuore di Cristo. Siamo qui a rammentarci la misericordia di Dio, che ci ha trasformati. Vivere da cristiani significa dare spazio anche nella società ai segni pasquali: non basta dar fuoco, occorre anche illuminare, cioè elaborare progetti, pianificare il futuro, formare coscienze libere. Abbiamo rivisitato in questi giorni le vicende di Gerusalemme, non vogliamo soluzioni pilatesche per i poveri messi alla prova. Gesù si ripropone anche in questo tempo come icona del giusto perseguitato e abbandonato. Di giusti, ce ne sono anche tra noi. Il disfattismo generalizzato non è cristiano. Speriamo di trovare coraggiosi Giuseppe d’Arimatea e che i Nicodemo di oggi, passino dalla fede professata di notte, all’assunzione di responsabilità, che rendano ancora credibile il Vangelo alla generazione nuova.

2. L’ascolto che salva e libera

Alternando l’ascolto al canto, abbiamo sfogliato il libro della vita. Non è stata una mera rievocazione. “Ascolta Israele”, ci comanda ancora il Signore. Ci siamo raccolti per spigolare il campo della sua Parola e raccogliere i semi con cui far fiorire la nostra Pasqua di quest'anno: la nostra rinnovata conversione, il passaggio dall’esperienza del peccato, alla certezza della Grazia. Ci siamo messi in ascolto per trovare il senso del nostro cammino di cristiani. La Scrittura, nelle vicende degli antichi Padri, ci fa riscoprire che Dio è Signore della Storia e provvede per noi. Le prove con cui ciascuno di noi si deve misurare sono diverse da quelle dell'antico Israele. Ma identica è l'assistenza di Dio che non abbandona il suo popolo. "Chi si fida in Lui non sarà mai deluso". La Resurrezione che ci è stata annunziata ci coinvolge: con Gesù anche noi. La Parola ci insegna che il Signore vede la nostra tribolazione e stende il suo braccio santo a nostra difesa.

a. I Padri uscirono dall'Egitto attraverso il Mare Rosso e arrivarono alla terra della promessa. Quella antica vicenda di Pasqua è la misura di tutte le vicende umane. Stasera siamo nella chiesa madre per ridirci con fede che anche per noi ci sarà una terra promessa: arriveremo alla Gerusalemme del Cielo. Ad una cultura che non prospetta ideali, non indica mete, noi cristiani vogliamo proporre la via della concretezza: non basta crogiolarsi sui disastri avvenuti, spaccando ulteriormente la nostra città. Occorre invitare tutti quelli che possono fare qualcosa di buono a non deludere quanti ci stanno a guardare: i giovani che si sbandano, come ci ha mostrato la cronaca del Nord Europa, i poveri che non ne possono più di aspettare, i delusi, che vanno recuperati alla speranza cristiana.

b. Per tutti c'è misericordia, se solo ci mettiamo in ascolto di Dio e lasciamo che la Sua parola ci trasformi. L'amore che il Signore ha per noi è più grande del nostro peccato. Questa è la notte in cui ti è offerto il perdono.

c. Le novità vere sono nel cuore, le apparenze non contano. Dio è capace di cambiare anche il mio cuore di pietra: "toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne". Per cambiare bisogna togliere qualcosa, bisogna lasciarci trasformare da Dio che è un ottimo medico. Sa bene quello di cui abbiamo bisogno. Quanto a noi, si deve tornare a fidarci di lui. Il nuovo umanesimo che il Papa ci ha illustrato a Firenze lo scorso novembre, ruota attorno al verbo umanizzare. Non se ne più del riflusso nel privato e nella ricerca del proprio tornaconto.

d. Questo popolo, Arezzo cristiana, rinnova stanotte la propria scelta al bivio: siamo in cammino sulla via di Dio e non vogliamo perdere la strada. Questa notte vogliamo accogliere il duplice Messaggio degli Angeli al Sepolcro: "Non abbiate paura... lo vedrete, come vi ha detto". Che è come dire ad Arezzo di oggi: coraggio! Andiamo avanti. 3. Appartenere al popolo dell’esodo: il battesimo è nostro passaggio attraverso il Mare Rosso

Siamo qui a ridirci l’un l’altro la nostra volontà di uscire alla logica mondana, per far nostra la promessa di Dio. Ecco il Sacramento della Pasqua: quattro nostri fratelli sono qui per ricevere il battesimo: tutti presentati alla Chiesa dalle loro rispettive comunità, che li attendono domani con gioia. Anche noi rinnoveremo gli impegni del nostro battesimo. Ecco i tre "rinunzio" e i tre "credo" che devono segnare la vita del prossimo anno, se già non lo fecero per il passato.

a. Rinunzio al peccato, per vivere nella libertà dell'utopia: la piccola luce rischiara le tenebre. Anche una luce piccola piccola, come la mia piccola fede è una infinita alternativa al buio in cui brancola molta gente del nostro tempo; è un'alternativa al grigiore che uccide la speranza .

b. Rinunzio questa notte alle sedizioni del male, per non lasciarmi condizionare dalla mentalità del secolo, in cui vivo tutto l'anno.

c. Rinunzio alla causa di ogni peccato: la prevenzione, la ricerca della santità della vita è l'alternativa. Pasqua è uscire di Chiesa stasera col gusto di riprovare ancora a vivere da cristiani.

Anch'io, come San Paolo, "so a chi ho creduto":

Credo in Dio che è Padre buono e provvido. Non sono solo. Non lotto per il niente. Il mio Signore ha già vinto anche la morte che è l’amaro pungiglione del male.

Credo in Gesù Cristo. Faccio come Giovanni che appoggia la testa sul cuore di Cristo. Per me è morto, per me è risorto, ci ha preceduto, ritornerà, anche questi miei occhi vedranno il Salvatore.

Credo nello Spirito Santo, nella potenza di Dio e in tutto quello che anima nel tempo. Rinnovo stanotte la mia disponibilità a lasciarmi plasmare dallo Spirito Creatore, sempre nuovo e originale, che può fare nuovo anche me. Lo Spirito attraverso le persone opera anche sulla società umana: c’è un enorme bisogno di recuperare qualità nella convivenza umana: fortezza, temperanza, prudenza e giustizia sono le virtù cardinali senza le quali ogni società rischia di diventare una spelonca di ladri, come ebbe a dire Papa Benedetto XVI. 4. Il codice dell’alleanza nuova: l’Eucaristia

"Che cosa renderò al Signore per tutto quello che mi ha dato? Alzerò il calice della benedizione e invocherò il nome del Signore". Nella Messa che stiamo celebrando si rinnova la mia alleanza col Signore e la mia disponibilità ad essere membro della Chiesa. Questa notte il Signore, offrendoci ancora il Suo Corpo e il Suo Sangue ci ripete: "Mangiate quello che volete diventare". La Chiesa è il corpo sacramentale di Cristo. Il nostro "Amen" suggella il patto della Alleanza rinnovata stanotte e ci fa passare dalla morte alla vita: questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo. Pasqua è di per sé una bellissima scelta al bivio.

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