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Il vescovo di Arezzo sugli azzerati di Banca Etruria: "Non taceremo finché non ci sarà giustizia". L'omelia integrale

E' stato un Natale di parole forti, anche dall'altare. Non sono passate inascoltate le parole del vescovo di Arezzo sugli azzerati del Salva-banche, pronunciate ieri dal pulpito della cattedrale in occasione della messa di Natale. Parole che si...

E' stato un Natale di parole forti, anche dall'altare. Non sono passate inascoltate le parole del vescovo di Arezzo sugli azzerati del Salva-banche, pronunciate ieri dal pulpito della cattedrale in occasione della messa di Natale. Parole che si aggiungono a quelle, simili, dei sindaci di Siena e Arezzo.

Di seguito il testo del discorso del vescovo Fontana a proposito di Banca Etruria.

Questa Terra Aretina provata nel suo sistema economico non si perderà, se saprà valorizzare la capacità di agire insieme, a partire dalla voglia di accorgerci delle necessità dei più poveri e dei meno fortunati, dandole forma attraverso impegni concreti di giustizia e di carità. Prima viene comunque la giustizia. E’ necessario che i principi che valsero per salvare i risparmi degli altri siano rispettati anche quando si tratta dei diritti dei poveri aretini. Le forme non tocca alla Chiesa indicarle, ma non taceremo finché non sia rispettato il diritto di questa città. Abbiamo parlato senza timore quando mancavano esempi di interventi a risanare i danni arrecati ai più semplici, che senza malizia e calcolo speculatorio, si erano fidati: non cessi ora l’impegno di chi si presenta pronto ad agire secondo giustizia ed equità”.

“Non tocca alla Chiesa indicare le forme – ha sottolineato il presule nell’omelia – ma non taceremo finché non venga rispettato il diritto di questa città”.

Il testo integrale

“E’ nato per noi il Signore”: i cristiani festosi accorrono quest’oggi nelle chiese del mondo per dirsi ancora l’un l’altro che Dio non ci ha abbandonato. Si è di fronte ad una svolta epocale. Ci eravamo illusi nei decenni che ci hanno preceduto di essere quasi onnipotenti, capaci di dominare la creazione. Credevamo di essere padroni del mondo attraverso la forza dell’economia dei nostri Paesi d’Occidente. La crisi che sta venendo d’Oltre mare sta seminando segnali di preoccupazione e, per alcuni di sgomento. I tempi ci inducono a più ponderata sapienza. Non basta l’economia ad assicurare una vita felice. Occorre recuperare la gioia dei nostri bambini e la pace tra i popoli. Abbiamo anche bisogno di maggiore coesione sociale, evitando il continuo scontro tra chi ha opinioni diverse sulle questioni che caratterizzano la vita sociale della nazione e della gestione della cosa pubblica.

Ai cristiani tocca oggi la profezia della speranza: a noi tocca ripetere a tutti di non disperare. Dio non ha abbandonato l’uomo. Sarà possibile trovare vie diverse, purché non ci arrendiamo di fronte al crollo del sistema culturale che si è affermato nei decenni in mezzo a noi, nei mezzi di comunicazione di massa, nell’opinione prevalente dei centri di potere, nella sensibilità di chi vorrebbe far dimenticare le ragioni dell’anima.

La “bella notizia”, il Vangelo che è la fonte della nostra identità cristiana torna a dire anche a questa generazione che Dio ha fatto di più che ascoltare le nostre preghiere. E’ venuto in mezzo a noi. Gesù, il Figlio di Dio ha voluto essere anche il figlio dell’uomo: Dio come il Padre, prima che esistessero i secoli, ha voluto nel tempo essere un essere umano, come sua madre, S. Maria. Come gli Angeli ai pastori di Betlemme, anche noi tornano a dire dire: non temete, non vi perdete d’animo . I tempi difficili che viviamo ci chiedono la profezia: La nostra umanità non è abbandonata.

  1. Il nostro compito di cristiani è raccontare a tutti “la sua misericordia”

Non siamo indifferenti agli occhi del Signore, con le nostre pene e le sofferenze di una parte consistente di umanità. Dio “Ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia” (Tit 3,4). Alla tentazione di titanismo dell’uomo la risposta di Dio è la via dell’umiltà e della misericordia.

Questo è il messaggio che leggiamo dalla incantata visione del presepe. Dio non si è presentato in questo mondo con la potenza e il dominio. Ha scelto la via dell’umiltà e della povertà. Dalla terra di La Verna, con San Francesco non lasciamo cadere una intuizione fondamentale delle generazioni cristiane che ci hanno preceduto. La Parola pur di dialogare con noi, si è fatta bambino infante, incapace perfino di parlare. Il Creatore del mondo ha scelto di avere bisogno dell’aiuto dei poveri della terra di Palestina, i pastori del presepio, del bue e dell’asinello. Ha amato la giustizia di Giuseppe e l’amore di Santa Maria, più delle ricchezze della terra.

Come per i pastori del presepio, Natale è una proposta anche per noi: “Andiamo fino a Betlemme”, cioè facciamo la parte nostra in risposta alla proposta di Dio.

Dei pastori del presepio nel Vangelo è detto che “Andarono senz’indugio e trovarono…” (Lc 2,16). Quanti siete venuti stamane in chiesa avete compiuto una scelta simile a quella dei pastori antichi. Anche noi amiamo ascoltare l’indicazione degli Angeli: “pace in terra agli uomini che egli ama”. Ma come i viandanti nella notte abbiamo anche noi il problema di come trovare Gesù: è la fatica della fede che non esime nessuna generazione cristiana: la luce di Cristo passa attraverso i quattro vangeli, ma chiede la fatica del credere: affidarsi a Dio è la via che fa forti.

Ancora in questo Natale vogliamo dirci che la fede nasce dall’ascolto della Parola di Dio: siamo venuti nella Chiesa madre per ridare spazio nella nostra vita a Dio che ci parla nella Bibbia e negli eventi della storia. Vi è un frastuono non fatto solo di rumore. Occorre ritrovare la via dell’interiorizzazione.

Vogliamo farci un grande regalo di Natale, riscoprendo la risorsa impagabile della preghiera: non di solo pane vive l’uomo. Vi sono dentro di noi dimensioni poco esplorate eppure pienamente umane. Dio è vicino: noi ci siamo fatti lontani. Siamo chiusi, autoreferenziali.

  1. La via dell’amore vicendevole ci fa simili a Dio.

È come il suo sigillo, la somiglianza al Padre, che ci fa riconoscere come suoi figli. Le generazioni di questa Arezzo cristiana seppero dare spazio significativo alla solidarietà. Questa Terra Aretina provata nel suo sistema economico non si perderà, se saprà valorizzare la capacità di agire insieme, a partire dalla voglia di accorgerci delle necessità dei più poveri e dei meno fortunati, dandole forma attraverso impegni concreti di giustizia e di carità. Prima viene comunque la giustizia. E’ necessario che i principi che valsero per salvare i risparmi degli altri siano rispettati anche quando si tratta dei diritti dei poveri aretini. Le forme non tocca alla Chiesa indicarle, ma non taceremo finché non sia rispettato il diritto di questa città. Abbiamo parlato senza timore quando mancavano esempi di interventi a risanare i danni arrecati ai più semplici, che senza malizia e calcolo speculatorio, si erano fidati: non cessi ora l’impegno di chi si presenta pronto ad agire secondo giustizia ed equità.

Arezzo cristiana, coraggio! E’ tempo di muoverci per riproporre a tutti il modello incantato ed efficacissimo del Vangelo, la via sicura di civiltà che i nostri Santi hanno insegnato al mondo intero.

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