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"Di fronte all'ultimo saluto è difficile spiegare la legge, non siamo sceriffi". Così il Coronavirus ha cambiato i funerali

I titolari di agenzie funebri raccontano come e quanto sia cambiato il loro lavoro ai tempi del Coronavirus. "Imporre un limite di persone al funerale non è facile"

"Siamo diventati dei burocratima non possiamo e non vogliamo diventare sceriffi". Sono le parole del titolare di un'agenzia di onoranze funebri, una di quelle attività che il Coronavirus non ha potuto certo chiudere, ma che sono state stravolte fin dall'inizio della 'Fase 1'. Con la chiusura delle chiese il rito religioso si è limitato infatti ad una benedizione direttamente al camposanto e in alcuni casi i dipendenti dell'impresa funebre hanno aiutato i sacerdoti nella celebrazione, come racconta qualcuno.

"Immaginatevi cosa può significare per una famiglia. A noi è spettato il compito di spiegare cosa prevedeva il decreto legge e come sarebbe stato celebrato l'ultimo saluto - spiega un imprenditore della Valdichiana -  alcune famiglie ci sono rimaste male. E' stata una bella mazzata, perchè il funerale, per credenti e non, è anche un momento di raccoglimento che può aiutare a superare l'addio di una persona cara".

Come in tutti gli ambiti lavorativi da inizio marzo sono aumentate anche le misure per prevenire il contagio.

"Quando riceviamo una chiamata chiediamo sempre la causa della morte, ovviamente per capire se è legata o meno al Coronavirus. Se ci richiamo in abitazione chiediamo alla famiglia di far trovare il minor numero di persone possibili, massimo due o tre. Ci presentiamo con mascherine, copriscarpe, insomma tutti i dispositivi per proteggere noi stessi e gli altri".

Anche l'esposizione delle salme è cambiata, con norme più stringenti.

"Al di fuori dei familiari sarebbe opportuno che non venissero effettuate altre visite - racconta il titolare di un'agenzia funebre di Arezzo, a cui fa eco un collega della Valdichiana - pochi giorni fa abbiamo dovuto invitare alcuni parenti ad uscire dalla camera ardente perchè si stava effettivamente creando un assembramento e vi garantisco che non è piacevole".

Il passaggo dalla 'Fase 1' alla 'Fase 2' ha permesso la riapertura delle chiese, o almeno di quelle che possono garantire la presenza di 15 persone nel rispetto delle distanze di sicurezza, indossando anche le mascherine per celebrare i funerali, facendo tornare quindi il rito religioso delle esequie, anche all'aperto in extrema ratio.

"Guardando Arezzo direi però che abbiamo chiese come il Duomo, Pescaiola, Orciolaia, Saione e San Marco che potrebbero ospitare ben più di 15 persone alla voltaMagari sarebbero opportuno valutare questo aspetto".

Ma di fatto l'arrivo della 'Fase 2' non ha tolto i problemi alle agenzie funebri, soprattutto nel far rispettare le regole.

"Che al rito possono partecipare 15 persone lo sanno tutti dopo averlo sentito alla tv e letto sui quotidiani, ma quando siamo davanti alla morte di una persona cara i sentimenti passano avanti. E' complicato spiegarlo agli amici o alle persone care che la precedenza o comunque il diritto ad entrare è per prima cosa rivolto ai parenti di primo grado. A noi è toccato farlo pochi giorni in occasione del funerale di una ragazza e non è stato piacevole".

E' questo di fatto il nodo più grande, oltre alle difficoltà del periodo: il dover operare come altre categorie di lavoratori con il rischio di contagio e la necessità di assistere le famiglie in un momento doloroso.

"Entriamo nella sfera privata delle persone svolgendo il nostro lavoro. C'è un aspetto burocratico non di poco conto che è aumentato nell'ultimo periodo. Mettere a conoscenza i parenti del defunto della legge rientra nei nostri compiti, ma non possono chiederci o pensare che noi facciamo gli sceriffi fuori dalle chiese o dai cimiteri. Serve anche comprensione e buon senso. Ho visto persone, con le mascherine ovviamente, restare fuori dalla chiesa senza fare storie o creare problemi, consapevoli che non sarebbe stato possibile rispettare le distanze di sicurezza. Le gente ha compreso il momento in cui stiamo vivendo, ma non vuole venire meno dal poter salutare un amico o una persona cara".

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