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Chiusa la porta santa, inizia il sinodo della diocesi aretina

Si è chiuso oggi il Giubileo straordinario della Misericordia ad Arezzo, con una lunga cerimonia, iniziata nel primo pomeriggio, dalle 17 messa in Cattedrale. Il Giubileo “diffuso” che ha visto l’apertura nella diocesi di Arezzo Cortona e...

Si è chiuso oggi il Giubileo straordinario della Misericordia ad Arezzo, con una lunga cerimonia, iniziata nel primo pomeriggio, dalle 17 messa in Cattedrale.

Il Giubileo “diffuso” che ha visto l’apertura nella diocesi di Arezzo Cortona e Sansepolcro ben 7 porte sacre, oggi, a poco meno di un anno di distanza si conclude.

Tutti gli esponenti della chiesa locale sono confluiti in duomo per la grande celebrazione, peraltro molto partecipata. Un'occasione speciale per Arezzo e la sua Diocesi, perché in concomitanza con la chiusura del Giubileo, inizia il sinodo, un concilio della chiesa aretina-cortonese-biturgense, il primo della sua storia trentennale.

La nota della diocesi

Alla presenza del vescovo emerito mons. Luciano Giovannetti, del clero diocesano, dei religiosi, delle religiose, dei diaconi e di tanti fedeli, oggi pomeriggio – nel corso di una S. Messa stazionale -, il vescovo Riccardo ha chiuso la Porta della Misericordia della Cattedrale, che papa Francesco, con un indulto particolare, ha concesso di mantenere aperta fino ad oggi permettendo un’unione simbolica tra la chiusura dell’Anno Giubilare e l’indizione del Sinodo diocesano, avvenuta al termine della Celebrazione eucaristica. Nell’omelia, il vescovo Riccardo ha ripercorso il significato dell’Anno giubilare, appena concluso “Papa Francesco ci ha ricordato che il tema dominante dell’esperienza di Gesù e dei suoi apostoli è la misericordia. Si sono chiuse le porte delle cattedrali, tocca ora a ciascun cristiano aprire i cuori ad una provocazione che è quasi nuova, perché poco praticata: beati i misericordiosi”.

“Misericordia nei confronti di un mondo provato dalla fragilità: viviamo un tempo dove perfino i valori sono diventati liquidi. Gli amici di Gesù sono chiamati a passare il testimone della speranza agli uomini e alle donne del mondo, ma, soprattutto, alla generazione nuova, a chi, per legge di natura, vivrà dopo di noi. Riusciremo a trasmettere i nostri contenuti solo se saremo capaci di rendere credibile con tenerezza il Vangelo del Signore”.

“Una dimensione ulteriore della misericordia – ha proseguito l’arcivescovo - sta nell’invenzione, nella creatività, che è dono dello Spirito creatore. Dobbiamo trovare i modi, i linguaggi, la volontà di compromettere noi stessi per diventare Vangelo vivente in modo credibile agli uomini di oggi. L’amore è il tesoro che Gesù ci ha lasciato in eredità, ma si gusta solo se si pratica”.

E ancora: “So bene che l’ideale di una fraternità da praticare nella vita quotidiana è molto alto. Questo impegno sarà perfezionato solo nella Gerusalemme del Cielo (…). Di tutto il creato solo l’uomo è un essere libero, responsabile delle sue scelte. Il giudizio non fa venire meno la misericordia di Dio, riafferma invece l’uso che ogni persona fa della propria vita. Chi non sa quanto sia difficile essere giusti? Noi cristiani non siamo migliori degli altri, proviamo a fare il possibile, confidando nella misericordia. Il Signore non misura i risultati, ma le intenzioni profonde: scruta i cuori e salva tutti coloro che si impegnano a non prevaricare gli altri, a volere il dialogo con tutti come stile di vita e metodo da preferire sempre”.

“La vita è come una lunga strada, dalla quale si esce per andare alla festa. Occorre arrivare preparati, cioè avere la gioia nel cuore, la serenità delle opere. Ci vuole la pazienza del seminatore, che sa spargere il buon frumento tra le zolle, nella certezza che, a tempo opportuno, da un solo chicco di grano uscirà una spiga. Così avviene nel campo di Dio che attende con pazienza la messe copiosa, che è il sogno d’amore dello Spirito da cui tutti saremo raccolti: il miracolo sarà che ci riconosceremo fratelli e sorelle, nella pace”.

E, in conclusione dell’omelia, non poteva mancare il richiamo al Sinodo diocesano, l'assemblea dei sacerdoti e dei fedeli della Chiesa particolare (can. 460 CJC): “al termine di questa celebrazione scenderemo per la via principale della città, senza supponenza, per camminare insieme con la gente per indire il Sinodo alla Basilica di san Francesco. Il Sinodo è camminare insieme, fare un pezzo di strada per raggiungere una meta”.

“Andremo là ad annunciare il nostro desiderio di fare un Sinodo, dopo doverosa preparazione, per incontrare tutti, per ascoltare ciascuno, per valorizzare tutte le esperienze umane che incontreremo, per dire a tutti che, oltre alle storie di un’economia che ci ha condotto alla crisi, c’è anche per ogni uomo una dimensione soprannaturale e spirituale che appartiene a tutti e non si corrompe, non va in crisi. Andremo in San Francesco invocando i Santi, nostri compagni di strada in questo percorso che vuole essere semplice e bello. Così Dio ci aiuti e Santa Maria, Madre del Conforto, ci apra la strada”. Così al termine della Celebrazione eucaristica, il vescovo Riccardo – con i fedeli, i sacerdoti, i religiosi e le religiose – uscendo dalla Cattedrale, si è diretto verso la Basilica san Francesco in un simbolico cammino verso il popolo e con il popolo, prima di indire il Sinodo. “La celebrazione del Sinodo nella vita di ogni Chiesa particolare costituisce un avvenimento straordinario di Grazia. È un dono del Signore per comprendere con discernimento comunitario la missione che Dio affida a noi suoi figli, chiamati ad annunziare la Resurrezione di Cristo in questo tempo bello e complesso. È il momento opportuno per impegnarci tutti a riconoscere i segni dei tempi. È l’occasione propizia per capire come annunziare il Vangelo della misericordia alle generazioni future” – con queste parole il vescovo Riccardo si è rivolto ai fedeli in attesa dell’indizione ufficiale Sinodo diocesano, nella Basilica di san Francesco, nel documento letto dal diacono Marco Menichincheri. E ancora: “Nella quasi bimillenaria storia della nostra Comunità diocesana, molte volte il popolo di Dio fu convocato in Sinodo. Questa antica consuetudine, che risale alla Chiesa Apostolica, fu più volte praticata dai miei venerati predecessori nelle tre diocesi di cui portiamo tuttora il nome: da ultimo, negli anni 1936 ad Arezzo, 1937 a Cortona, 1952 a Sansepolcro. Dopo che la Sede Apostolica, con Decreto del 30 settembre 1986, ha creato la nuova Diocesi di cui siamo membra vive, non si è ancora potuta celebrare alcuna assise sinodale, pur già auspicata da sapienti Pastori che mi hanno preceduto nel ministero episcopale, come il grande Vescovo Giovanni Telesforo Cioli”. Ecco, quindi, la necessità per la Chiesa del terzo millennio di confrontarsi con le grandi sfide e i nuovi scenari, che hanno profondamente mutato non solo il contesto globale in cui operare, ma anche il nostro territorio, per cui “è richiesto che il consiglio di molti concorra alla ricerca pastorale del bene comune, per dare nuovo impulso alla vita dei cristiani e per offrire ogni migliore servizio alla società, a cui siamo inviati come testimoni del Vangelo”- ha affermato il presule, sottolineando che “fin dal primo inizio del mio servizio episcopale in questa comunità ecclesiale, ho fatto presente la necessità che si concorra a ravvivare l’unità della nostra Chiesa, prendendo rinnovata coscienza d ella sua nuova identità. E la società di oggi richiede servizi sempre più adeguati: è dovere dei cristiani, sotto la guida dello Spirito, ricercare in ogni epoca gli strumenti più consoni alla missione che la Chiesa ha ricevuto dal Signore Gesù Cristo”.

“Alla nostra Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro – ha continuato il vescovo Riccardo - si ripropone l’esigenza di prendere maggiore coscienza della propria identità, di formulare obiettivi comuni che esprimano la vita del popolo di Dio, la propria dimensione comunitaria, la volontà d’essere come un corpo solo. L’identità comune sarà determinata dal progetto che riusciremo a delineare”. E allora, ha proseguito il vescovo “il Sinodo diocesano, secondo la felice espressione del Santo Pontefice Giovanni Paolo II, vuole essere adeguato tirocinio pratico dell’ecclesiologia di comunione”.

Pertanto, “sentito il Consiglio Presbiterale, il Consiglio Pastorale Diocesano, il Collegio dei Vicari Foranei e l’intero Presbiterio, la recente Assemblea Ecclesiale di La Verna; considerata la necessità di un’approfondita consultazione delle componenti della Chiesa e della società; avendo chiesto luce dal Signore insieme a tanti fedeli, particolarmente i malati e i membri delle comunità di vita contemplativa, ho deciso di procedere alla indizione formale del Santo Sinodo Diocesano e, in ottemperanza al canone 462 CJC., decreto che si attivino le procedure previste dal Diritto della Chiesa per la preparazione dell’assise sinodale, che auspico possa essere avviata dopo la Festa della Madonna del Conforto 2018, alla cui mediazione fiduciosi ricorriamo”. Un lungo applauso dei fedeli presenti ha salutato l’indizione ufficiale del primo Sinodo della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, da parte dell’arcivescovo Riccardo Fontana. Infine, in virtù di un decreto dell’Apostolica Penitenzieria, tutti coloro che – non avendo potuto farlo personalmente perché impediti da varie circostanze, sussistendo i requisiti -, hanno partecipato alla S. Messa e all’indizione del Sinodo, grazie al collegamento effettuato dall’emittente diocesana TSD, hanno potuto beneficiare dell’Indulgenza plenaria, così come previsto dal ricordato decreto.

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