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"Cara mia Arezzo...". Il saluto alla città di chi si è trasferito altrove

Riceviamo e pubblichiamo la lettera indirizzata alla città di Arezzo e scritta da parte di un lettore che ha voluto condividere con la nostra redazione i suoi pensieri dopo essersi trasferito altrove. Cara mia Arezzo, è trascorso solo qualche...

Riceviamo e pubblichiamo la lettera indirizzata alla città di Arezzo e scritta da parte di un lettore che ha voluto condividere con la nostra redazione i suoi pensieri dopo essersi trasferito altrove.

Cara mia Arezzo,

è trascorso solo qualche mese da quando ci siamo dovuti salutare, eppure già mi manchi molto.

Come tu ben sai, da fiero ed orgoglioso aretino, mi sono dovuto trasferire nella bellissima città di Napoli per ragioni professionali e familiari.

Napoli è una città molto chiacchierata, forse troppo per chi non la conosce e non la vive come la sto vivendo io quotidianamente, ma, paradossalmente, un po’ ti somiglia.

Sì, certo, ti somiglia: infatti ti ritrovo spesso nel canto degli uccellini che mi salutano al mattino quando mi reco al lavoro e nel cuore dei napoletani, i quali mi hanno accolto con affetto e simpatia.

Mi piace molto il meridione; mi ha sempre attratto sin da quando ero bambino e sino al punto di indurmi a scegliere una sede lavorativa ostica (che peraltro non è Napoli, dove vivo, ma una sede vicino), ma allo stesso tempo stimolante e formativa.

Di te, cara Arezzo, mi manca tutto: la fortezza, l’odore dei fiori di primavera, i colori del Saracino (che, peraltro, mostro orgogliosamente ai miei colleghi di lavoro ed a tutti coloro che si relazionano con me professionalmente), la Fiera del Mestolo, l’odore dei camini d’inverno ed il profumo dell’erba tagliata e rinfrescata da una pioggerella estiva, i miei cari amici, ma, soprattutto, i miei adorati genitori.

Ho sempre sognato di fare il mio lavoro e per di più svolgerlo in una realtà che mi ha sempre affascinato, ma, non v’è dubbio alcuno, tu mi manchi, cara Arezzo.

Sono un fiero aretino, ma, allo stesso tempo, mi ritengo un uomo di mondo: mio padre mi ha insegnato a prendere la vita proprio così, di petto, nel quale batte un cuore partenopeo, guidato da una mente etrusca, della quale mi ha, invece, fatto dono mia madre.

Cari concittadini di Arezzo, amate la vostra città, anche se, a volte, potrà apparirvi un po’ noiosa come a volte capitava a me, quando la vivevo.

Amatela, perché, a Vostra insaputa, lei, con la sua semplicità, vi coccola e vi protegge.

Io l’ho capito solo adesso che non la vivo più, quando, nelle romantiche serate napoletane, cullato dal rumore delle onde del mare e rassicurato dall’imponente figura del Vesuvio, torno indietro con la mia mente a quando Arezzo mi avvolgeva nella sua fresca brezza mattutina, mentre correvo in Fortezza e guardavo oltre l’orizzonte, sognando di diventare ciò che oggi, grazie anche ad Arezzo, sono finalmente diventato.

Ti voglio bene Arezzo,

S.I.

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