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A tu per tu con il campione italiano di brewing Rubens Gardelli

Caffè River si appresta a svolgere questo speciale corso di formazione sul brewing. In cosa consiste? "Consiste nel sapere cos’è il caffè filtro fatto sul momento quindi per un servizio singolo, come fosse un espresso, e non attraverso del batch...

Caffè River si appresta a svolgere questo speciale corso di formazione sul brewing. In cosa consiste? "Consiste nel sapere cos’è il caffè filtro fatto sul momento quindi per un servizio singolo, come fosse un espresso, e non attraverso del batch brewer, ovvero coi macchinari che fanno un litro di caffè alla volta. Durante il corso andremo ad esaminare i sistemi di estrazione e filtro esistenti, a partire dal V60, definito anche pour over, che in inglese significa versare sopra, per passare poi a tutti quei sistemi attualmente commercializzati dove il caffè viene filtrato attraverso una percolazione dall’alto".

Un altro metodo di estrazione del caffè è il full immersion, cioè l’immersione totale. Gli allievi del corso impareranno ad estrarre il caffè anche questo tipo di estrazione molto diversa dal pour over. Per questa seconda metodologia attualmente esistono due sistemi che sono definiti Clever e Bonavita full immersion.

Il terzo metodo di estrazione è l’Aeropress, che è un ibrido tra tutti, perché può essere utilizzato in vari modi e comunque è l’unico sul quale può essere esercitata sulla pastiglia del caffè una pressione maggiore di quella atmosferica.

Infine, impareremo ad usare il Syphon, che è il quarto metodo di estrazione - non il mio preferito - e nel quale il passaggio dell’acqua attraverso il caffè avviene contro la forza di gravità, attraverso la pressione generata dalla differenza di calore tra l’ampolla inferiore e quella superiore di questo strumento.

Durante il corso di formazione impareremo come macinare il caffè per questi metodi di estrazione che prevedono una macinatura diversa dall’espresso. Proveremo poi ad assaggiare, per riconoscere se stiamo sovraestraendo un determinato caffè o se lo stiamo sottoestraendo. Andremo ad analizzare i caffè tramite un percorso di sensory skills, quindi di capacità sensoriali. Infine, capiremo quale influenza ha l’acqua sulla bevanda finale, soprattutto sul filter coffee, dove siamo in grado di gestirla direttamente durante l'utilizzo".

I baristi solitamente sono concentrati su espresso o Latte Art, mentre il brewing è relegato ad un pubblico di nicchia?

"Purtroppo sì. Credo che sia difficilmente modificabile in termini quantitativi. Non raggiungeremo mai percentuali di servizio paragonabili a quelle dei paesi nordici. L'Italia è il paese dove è nato l’espresso e quindi noi italiani abbiamo la tradizione in assoluto più forte e radicata di tutto il mondo sull’estrazione dell’espresso. Da un lato questo è un vantaggio in termini di media qualità dell’espresso servito, ma dall'altro lato è uno svantaggio in termini di evoluzione del mercato in quanto, avendo delle radici così profonde l’albero non si muove. Confidiamo nelle nuove generazioni e nella loro curiosità di capire che il caffè può essere degustato anche con altri sistemi di estrazione, più da bevanda meditativa, più da “approccio da tè”. Ovviamente non verranno mai replicati i volumi dell’espresso!".

Pensi che sia una consuetudine italiana difficilmente modificabile?

"Sì, è difficilmente modificabile, ma ritengo possa essere una chiave di svolta in termini comunicativi: in quei locali dove il brewing è fatto bene, si comunica che il locale è all’avanguardia e che quasi certamente anche l’espresso è fatto bene, dato che il locale si è avvicinato a un mondo più “complicato”, perché non fa parte delle nostre radici. Parlando in termini di marketing, il potenziale è molto elevato per quei locali che vogliono avvicinarsi a questo settore e promuoverlo verso la loro clientela".

Ultimamente abbiamo visto nascere in Italia la moda di bersi un caffè diverso dal classico espresso. Come mai secondo te?

"È una moda e molti si cimentano perché “fa figo”, perché è una novità e gli strumenti sono belli".

Qualcosa si muove?

"Secondo me ancora molto poco. Essendo l'Italia un paese turistico, visitato da persone provenienti dagli Stati Uniti oppure dal Nord Europa, avere anche questi sistemi di estrazione soddisfa anche una clientela che è più abituata a quel tipo di bevanda. Ovviamente dipende dalla location in cui è situato un locale".

Rubens, sei un grandissimo esperto di mono origini di caffè. Qual è la tua preferita?

"Se per origine si parla di nazione, senza dubbio è l’Etiopia, perché in questo paese si racchiude l’essenza delle varietà botaniche presenti in tutto il mondo, dato che sono coltivate molte origini, ciascuna identificabile per regione. Sicuramente sono molto affascinato anche dal caffè del Kenya, perché tutti i caffè kenioti sono raccolti quando sono nel loro perfetto stato di maturazione e vengono processati in maniera veramente meticolosa. Qui lo standard qualitativo è il più alto nel mondo ed in assoluto, non esiste una nazione al mondo migliore del Kenya come picking, quality e come processing quality. Però direi che la mia preferita resta l'Etiopia".

Invece, quale pensi possa essere la più apprezzata da un pubblico italiano?

"Credo che sia il Colombia, perché come varietà botaniche riesce a dare in estrazione espresso una setosità ed una viscosità al palato - che possiamo definire come corpo - molto ricercate dal pubblico italiano. Oppure risponderei, quasi certamente, il Brasile, perché se è un Brasile di buona qualità ha un’acidità molto bassa - cosa gradita dal cliente italiano - con una buona nota di caramello, cioccolato, che può essere cioccolato amaro o al latte e a volte può essere fruttato, ma il più delle volte sa di frutta secca e queste sono quelle caratteristiche che generalmente al pubblico italiano piacciono. Non a caso, Colombia e Brasile sono le origini più utilizzate e che fanno più volumi nelle miscele tradizionali italiane di caffè espresso".

All'estero, cosa va di moda nei bar?

"Se parliamo di estero, bisogna differenziare cosa si intende per bar. Parlo dei bar third wave, che servono gli specialty coffees in modo serio ed adeguato. Quello che va di moda in questi bar, sicuramente, è l’espresso. L’espresso la fa da padrone nei paesi nordici. Nei paesi anglosassoni la bevanda più venduta è espresso più latte – purtroppo -, poi viene l’espresso e seguito dal filter coffee. Nei paesi scandinavi probabilmente la fetta in percentuale occupata dal filter coffee è più larga. Quello che va di moda in questo momento sono le attrezzature: avere la macchina espresso con la carena personalizzata con i colori del locale, avere il macinino EK43 che è “figo”, magari colorato e personalizzato, avere il boilerino dell’acqua calda della Marco (azienda irlandese che produce begli oggetti di design per il filter coffee), e così via. Quindi cosa va di moda? Il design legato agli oggetti per la preparazione della bevanda, perché gli strumenti che preparano la bevanda fanno arredamento e sono essi stessi di moda".

Qual è il caffè più particolare che hai mai degustato? E quello più raro che invece hai avuto la fortuna di assaggiare ma che noi non riusciremo mai a trovare?

"Onestamente il più particolare - non il più buono - è stato il caffè euganoide che è la madre dell'Arabica e Robusta. In origine la pianta del caffè era unica - non perciò arabica e robusta. Euganoide è per la scienza attuale definito il primo genitore di tutte le specie botaniche attuali. È una varietà che era dentro le bacheche semi dell’Istituto Nazionale dei Produttori di Caffè della Colombia ed è stato piantato dal famoso colombiano Camino Melsalde, un produttore di caffè proprietario di piantagioni, ed è stata utilizzata nel mondiale di Brewers Cup di Goteborg, a cui ho partecipato. Io ero lì ed ho assaggiato questo caffè che in sostanza sembrava una bevanda di riso, quindi non era particolarmente piacevole; aveva delle note di caffè tradizionali con un'acidità molto bassa e quasi assenza di caffeina. È stata un'esperienza particolare, abbastanza unica nel suo genere. Non mi è piaciuto come caffè, però è sicuramente quello che ancora mi ricordo di più.

Invece, il caffè più raro che ho avuto la fortuna di assaggiare ma che è molto difficile da reperire, è il caffè che ho utilizzato al campionato di Brewer Cup 2014, che ha ottenuto i voti più alti al mondo e che quindi può essere considerato il caffè più buono del mondo del 2014. Per realizzare questo caffè ho utilizzato un lotto di singola origine di una varietà proveniente dal Kenya, ma piantata nei primi anni del Novecento in El Salvador. Proviene da una piantagione situata ad alta quota, a quasi 1800 metri di altitudine, e che ha avuto un processo naturale perfetto. È un caffè che ricordo tutt’oggi, il caffè più memorabile che abbia mai assaggiato.

Un altro di questi caffè è quello che ha vinto il mondiale l’anno scorso: è il caffè della Nighty Class, un produttore fra i più costosi al mondo, che ha delle piantagioni di varietà Geisha in Panama ed Etiopia. Questo caffè, vincitore del mondiale di Brewers Cup 2015, proviene dal Kenya ed in particolare dalla zona della Sidama, ed ha subito con un processo molto particolare, abbastanza segreto (non so nemmeno io come è stato fatto), di post-produzione, quindi di fermentazione o quant’altro.

Sono questi i due caffè più memorabili che non si riescono a trovare: ogni anno sono delle incognite.

La mattina appena sveglio cosa bevi per colazione? Mentre durante il giorno cosa ordineresti in un bar se fossi in giro per l'Italia?

"Espresso, perché è la preparazione più semplice e veloce, e scelgo la mia miscela che si chiama Cigno Bianco. Durante il giorno invece in un bar se fossi in giro per l’Italia onestamente non ordinerei un espresso: ordinerei un succo di frutta".

Qual è la tecnica di estrazione del caffè che preferisci?

"Quella che preferisco attualmente è in assoluto la tecnica che viene utilizzata per fare cupping. Il cupping è un metodo di assaggio abbastanza semplice, ma identificato con degli standard internazionali quali il volume di acqua, il peso del caffè, la temperatura dell’acqua, il tipo di acqua ed il particolato della macinata del caffè. Questa è l’estrazione che mi piace di più e trovo che il caffè estratto in questo modo abbia una marcia in più rispetto ai caffè filtro. Il cupping viene detto anche metodo alla brasiliana, impropriamente secondo me".

La tecnica di estrazione del caffè che preferisci dipende dalla miscela o singola origine del caffè? "Decisamente sì, perché se mi metti davanti un caffè, magari un Brasile di un raccolto vecchio e tostato scuro non lo estrarrò mai con il metodo alla brasiliana o con il filter coffee. Se proprio devo estrarlo in qualche modo, scelgo l’espresso, perché la tostatura scura nel filter coffee è assolutamente imbevibile. Quindi dipende dall’origine del caffè per prima cosa, cioè se è un caffè specialty o se è di un raccolto fresco. In secondo luogo, dipende dalla tostatura, quindi se è stato tostato per essere estratto in filter o se è stato tostato più scuro per essere estratto in espresso".

Viaggi molto per il mondo. Raccontaci qualche cosa particolare che ti ha stupito e che un giorno magari anche noi potremmo andare a provare. Mi ha stupito tutto ciò che concerne la piantagione del caffè e la varietà botanica nel viaggio che ho fatto l’anno scorso in Messico e in cui ho visitato due piantagioni. Non solo le ho visitate, ma ho partecipato al mio progetto del single tree lot, che ho presentato al mondiale: si tratta di un caffè estratto da una singola pianta di caffè selezionata tra circa 30 piante da me scelte. Un viaggio di conoscenza, non un viaggio turistico, se fatto in un certo modo, può lasciare il segno: a me lo ha lasciato, perché sono tornato a casa con un bagaglio di conoscenze che se prima erano cinquanta su cento per quanto riguarda il mondo del caffè, tornando a casa dopo quest’esperienza, posso dire di avere raggiunto un ottantacinque novanta su cento, per rendervi l’idea. Se fatto in modo giusto in quanto a livello di informazioni che riesci ad ottenere, con un viaggio puoi entrare in contatto con la realtà, che non è come viene raccontata ai corsi di formazione: la realtà è ben diversa e riuscire a capire ogni singolo dettaglio della catena è fondamentale per non incappare in fregature nella fase di acquisto di caffè crudi e riuscire così a creare una linea di caffè molto speciale.

Sei un attivissimo roaster e ricercatore in questo senso. Cosa consiglieresti ad un barista che non sa cosa scegliere per il suo bar per soddisfare il gusto dei propri clienti, spesso riluttanti a provare caffè di singole origini?

"Cosa consiglierei ad un barista che non sa cosa scegliere? Sicuramente partirei da una miscela. Non partirei da caffè troppo acidi, estremi come i caffè lavati etiopi o lavati keniani, che non sarebbero consigliabili come primo approccio. I primi caffè su cui puntare per un barista sarebbero, come avevo detto prima, quelli naturali provenienti dal Brasile, oppure semi-lavati indonesiani molto buoni, con un buon corpo ed un’acidità molto bassa. Queste sono le caratteristiche da cercare: bassa acidità, corpo elevato e capacità di saper creare una crema esteticamente bella. Opterei perciò su questo profilo di caffè, ma allo stesso tempo direi: - ok, prova ad assaggiare questi e sottoponili alla tua clientela, però poi, prendi anche un lotto di un etiope lavato, così lo estrai e capisci che cos’è riuscire ad assaggiare un lotto processato con il metodo lavato, cosa ti dà in tazza, la sua florealità ed i suoi sentori, che invece il metodo naturale non riesce a sprigionare o comunque che non si riescono ad ottenere con caffè coltivati a bassa altitudine.

L’esperienza dei caffè keniani in espresso è veramente importante, perché è molto diversa dagli altri caffè.

Per concludere, io opterei per una miscela per partire, e mi chiederei: che cosa ho dato hai miei clienti fino ad oggi? Una miscela 50% arabica e 50% robusta? Allora sono abituati con un certo profilo di tazza. Qual è il consiglio? Partiamo low profile, con un Brasile naturale, oppure qualsiasi altro lotto naturale, magari tostato non da filter, quindi iniziamo da una via di mezzo tra la tostatura tradizionale italiana - pessima, aggiungo io - e una tostatura estrema come quella scandinava (estrema sul lato del leggero, del light quindi del chiaro). Successivamente consiglierei di offrire il filter coffee ai propri clienti e non l’espresso che è un tipo di bevanda per cui gli italiani si sentono degli esperti, perché la sua tradizione è molto radicata. Se poni il cliente italiano davanti ad un filter coffee, vengono meno gli strumenti culturali di giudizio, ed il barista ha la possibilità di guidarlo nella degustazione in modo più appropriato".

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