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Quattro adozioni in 5 anni. Il racconto di due famiglie amiche, prima di Natale l'arrivo di Sathi dall'India

Semplicità, voglia di affrontare le difficoltà quotidiane uniti e che significa alla fine crescere insieme come famiglia. Questo traspare dalla vita quotidiana raccontata da due famiglie aretine, speciali nella loro normalità. Si sono...

Semplicità, voglia di affrontare le difficoltà quotidiane uniti e che significa alla fine crescere insieme come famiglia. Questo traspare dalla vita quotidiana raccontata da due famiglie aretine, speciali nella loro normalità.

Si sono conosciute al corso propedeutico per le adozioni a Siena e si incontrano spesso, dopo che ognuna ha fatto il suo percorso. Quattro bambini sono stati adottati da queste due famiglie in 5 anni. L'ultima gioia in casa di Alessandro e Marcella è arrivata pochi giorni fa, prima di Natale quando finalmente dall'India sono ritornati con la piccola Sathi di 6 anni.

Per loro è la seconda adozione dopo aver tenacemente voluto e superato mille ostacoli per portare nella loro casa ad Arezzo Edil, dalla difficile e pignola Russia. Dove hanno dovuto fare ben 4 viaggi prima di poterlo portare in Italia. "Ne volevamo subito due, ma in Russia non hanno preso in considerazione questa richiesta - spiega mamma Marcella - così dopo un anno dal suo arrivo siamo ripartiti, questa volta in direzione dell'India per adottare Sathi."

Così per loro quello del 2017 è stato un Natale speciale, pieno di emozioni, fatto di piccoli passi di conoscenza reciproca, resa particolare dalla quasi totale mancanza di scolarizzazione della piccola, della sua vita vissuta in una zona dove nemmeno gli stessi indiani capivano la sua lingua, in condizioni igieniche davvero minime per non dire inesistenti.

"La prima volta che ha incontrato suo fratello è stato il pomeriggio del 17 dicembre, eravamo arrivati da poche ore, si sono trovati subito e si sono abbracciati" racconta con un gran sorriso il babbo Alessandro.

"Un altro momento indelebile è stato quando siamo andati tutti insieme a prendere il fratello Edil di 7 anni all'uscita di scuola, la tenevo sulle mie spalle, quando l'ha visto al cancello di uscita, è voluta scendere, la mamma l'ha fatta attraversare sulle strisce, lei è andata dal fratello, lo ha abbracciato e l'ha preso per mano, andando sicura verso la macchina."

Un momento immortalato nei loro ricordi di genitori di due figli, ma anche nella scatto che non hanno voluto perdersi.

Storie fatte di occhi che si guardano, che si osservano, mani che si cercano, ma anche di momenti difficili.

"Siamo andati a dicembre in India - racconta mamma Marcella - ce l'hanno consegnata in aeroporto a Calcutta, dopo che lei aveva fatto con gli accompagnatori 20 ore di macchina e preso un aereo, era molto scossa e ovviamente non era preparata a tutti questi cambiamenti, era molto spaventata, poi piano piano si è affidata a noi, ma non sono mancati momenti di forte crisi nei primi due giorni."

E il ruolo del fratellino Edil è stato fondamentale: "Sì c'è stata sintonia a pelle, gli ha anche insegnato a stare nel seggiolino auto, lei non ne voleva sapere e poi a vestirsi, a fare la doccia - racconta il babbo Alessandro - il primo giorno ci abbiamo impiegato due ore a metterle i vestiti."

Ma i primi tra loro a fare un'esperienza di adozione internazionale sono stati Ilaria e Alfredo, dopo le mille peripezie burocratiche che sballotta le famiglie dal corso propedeutico all'assistente sociale, poi dalla psicologa al completamento di documenti sanitari, della fedina penale, poi il colloquio conclusivo al tribunale dei minori di Firenze. Fondamentale per il prosieguo della pratica poi l'affidamento dell'incarico ad un ente con un vero e proprio contratto.

"Da lì partì il tempo di abbinamento, ci venne richiesto di indicare la capacità di accoglienza della famiglia e finalmente nel 2012 partimmo per il Congo restammo 15 giorni, ospiti dell'orfanotrofio dove vivevano da un anno Amani e Elimu di 7 e 5 anni, si erano conosciuti lì. Non potevamo uscire le per condizioni di pericolosità e di violenza della zona di Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo. Non c'era acqua, non c'erano bagni, i bambini si ammalavano in continuazione, ma lì abbiamo potuto giocare con loro molte ore. E' stata un'esperienza molto forte - racconta il babbo Alfredo - mangiavano una volta e bevevano un solo bicchiere di acqua al giorno. Però siamo rimasti molto legati a quel posto tanto che ancora siamo in contatto con le suore e facciamo lavori per mantenere l'orfanotrofio."

E cosa pensa adesso a distanza di cinque anni, dal giorno in cui insieme a sua moglie Ilaria ha adottato in una sola volta due bambini?

"Cosa penso? Perché non l'ho fatto prima, lo rifarei subito e anche che sono invidioso per quello che stanno vivendo Marcella e Alessandro in questi giorni, risento quella magia, perché i primi mesi dall'adozione sono eccezionali, ti mettono alla prova, provocano reazioni. Se tutti sono un mistero, se lo sono anche i figli naturali, con l'adozione c'è un mistero in più fatto di quella finestra di tempo della quale non si conosce praticamente nulla. E poi che due è meglio di uno, ricordo tra di loro parlavano e ridevano e noi nemmeno si capivano."

Si guardano in faccia questi quattro genitori, sorridono e si capiscono al volo quando parlano, le esperienze seppur diverse, li accomunano.

"Bisogna sempre mettersi nei panni del bambino in fondo - dice ancora Alessandro - per loro in tre secondi cambia tutti, si affidano in sostanza a sconosciuti, cambiano abitudini di sonno, alimentazione e cambiano la propria casa."

Poi alla fine ci deve essere un sesto senso particolare, un'alchimia, se anche dopo poche ore dalla reciproca conoscenza, ci sono sguardi e mani che si cercano per sentire calore, comprensione, senso di sicurezza, anche quando non si parla la stessa lingua.

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